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Gli scienziati hanno osservato alcune tra le più antiche stelle della Via Lattea

Oggetti che portano con sé l’impronta chimica dell’origine del nostro Universo, di quello che accadde poco dopo il Big Bang.
A cura di Nadia Vitali
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Il centro della Via Lattea in un'immagine composita
Il centro della Via Lattea in un'immagine composita

Un gruppo di astronomi dell’università di Cambridge, assieme ai colleghi della Australian National University, ha identificato alcune tra le più antiche stelle della nostra galassia: oggetti remoti, attraverso i quali è possibile acquisire preziose informazioni relative alle fasi primordiali dell’universo.

Esplosioni potentissime

Stelle che sono state proprio al centro della Via Lattea per miliardi di anni e contengono quantità di metalli decisamente basse: una, in particolare, è proprio la stella più povera di metalli mai scoperta nel centro della galassia. Esse, però, hanno anche delle impronte chimiche che narrano quale fu la fine delle prime stelle: una morte spettacolare come ipernova, ossia attraverso un fenomeno di esplosione stellare almeno dieci volte più energetico di una regolare supernova.

Nel cuore della Via Lattea

Da lungo tempo gli astronomi cercano di determinare come doveva presentarsi l’universo all'indomani del Big Bang e come sono iniziate le fasi di formazione di stelle e galassie: mentre alcuni cercano la risposta in galassie lontane migliaia di anni luce da noi, altri guardano al centro della nostra Via Lattea tra i miliardi di stelle che lo popolano e, in particolare, tra le più antiche.

Quando era ai suoi primi vagiti, nel nostro Universo avremmo trovato ben pochi elementi: idrogeno, elio, scarse quantità di litio. L’ossigeno e il sodio, per dire, si sarebbero formati all’interno delle stelle al momento della loro morte come supernovae. Ne deriva che, quindi, le stelle più ricche di idrogeno, ma molto povere di altri elementi, sono guardate dagli scienziati come particolarmente interessanti. Ma perché proprio il centro, e non la periferia, della galassia? Perché secondo gli astronomi è lì, dove l’effetto gravitazionale è più forte, che si formarono le prime stelle.

Stelle blu

Il problema è che le molte ricerche condotte fino ad oggi non avevano portato a grandi risultati: la gran parte delle stelle del centro, infatti, mostravano contenuti in metallo analoghi a quelli degli oggetti più vicini a noi. Antichissime, sì, lo erano: oltre sette miliardi di anni in più del Sole, ma comunque non sufficientemente affinché in esse si potessero osservare le condizioni primordiali dell’Universo.

Ma grazie agli strumenti ANU Sky Mapper in Australia e al telescopio nel deserto di Atacama, in Cile, gli scienziati hanno fatto qualche passo in più. Anzitutto hanno scelto, tra i miliardi di stelle, quelle all'apparenza più blu, caratteristica fondamentale delle stelle più povere in metalli. Partendo da una selezione di 14.000 oggetti promettenti, si è arrivati a 23 candidati e, infine, a nove contenenti meno della millesima parte di metalli del Sole (per una, anzi, la quantità era 10.000 volte inferiore): si trattava delle stelle più antiche dell’universo?

Nate nel centro della Galassia

Probabile, ma ai ricercatori serviva un’altra prova perché poteva comunque trattarsi di stelle formatesi successivamente in altre regioni della Via Lattea meno dense e poi “migrate verso il centro”. Misurandone traiettorie e movimenti nel cielo, però, ci si è resi conto che sette di queste stelle hanno trascorso la loro intera esistenza lì dove si trovano: e, quindi, che il cuore della galassia è effettivamente antichissimo e al suo interno ci sono alcune stelle originatesi quando l’universo era ancora nelle sue primissime fasi di formazione.

La ricerca è stata pubblicata da Nature.

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