Gli italiani ed il riciclo dei piccoli elettrodomestici: un (altro) primato negativo
A chi bisogna addebitare le responsabilità del fatto che l'Italia in fatto di ecologia e rispetto dell'ambiente si trovi ad essere sempre un fanalino di coda? Agli utenti, alla mancanza di strutture adeguate per un corretto smaltimento dei rifiuti, alla disinformazione dei cittadini, alla disattenzione di commercianti ed enti che, a loro volta, non si preoccupano di spiegare accuratamente in quali modalità alcune particolari categorie di oggetti andrebbero gettate tra i rifiuti? Difficile giungere a comprendere, ma un dato certo c'è: sono ancora troppi gli italiani che non sanno bene cosa fare dei propri rifiuti e l'ignoranza è relativa anche ai PAED -Piccoli Apparecchi Elettronici Domestici- secondo quanto è stato messo in luce da una ricerca Eurisko realizzata con la collaborazione di ReMedia, sistema collettivo italiano di gestione eco-sostenibile dei piccoli elettrodomestici.
Il consorzio, stando alle parole del suo direttore generale Danilo Bonato, ha posto l'attenzione, in particolare, su un particolare gruppo di PAED, quelli classificati come R4, ovvero piccoli oggetti per uso personale e domestico, come ad esempio computer portatili, telefoni fissi e cellulari, stampanti, apparecchi per la musica e per la visione di DVD, insomma una serie di prodotti diffusi in maniera quasi capillare, ormai, tra gli italiani e dai quali sarebbe possibile ricavare, con un sistema di riciclaggio eccellente, materiali di cui il nostro paese ha sempre un gran bisogno, essendo piuttosto povero di materie prime. Il riutilizzo dei PAED, infatti, consentirebbe il recupero, ad esempio dell'alluminio con molteplici possibilità di riutilizzo, dalla costruzione di nuovi elettrodomestici, all'oggettistica, dai mezzi di trasporto all'edilizia; dai cavi risulterebbe la gomma spendibile in numerose modalità; e poi il ferro ed il rame.
E allora, cosa frena il realizzarsi completo di questo processo di riutilizzo che, oltre a diminuire vistosamente l'inquinamento, potrebbe rivelarsi anche un affare non trascurabile? Le colpe sono equamente divise oppure c'è un responsabile principale? Il tasso di raccolta dei PAED in Italia è attestato intorno al 16%, ben dieci punti al di sotto della media europea: in Europa, tuttavia, la concentrazione di isole ecologiche è di una per ogni 10 000 abitanti, densità che in Italia si sfiora solo in alcune aree del Nord (dove la punta massima è di 0,8 per 10 000 abitanti) ma che, per lo più, è ben lungi dall'essere raggiunta, con lo 0,3 di Centro e Sud. Anche riguardo all'informazione la situazione non è meno preoccupante: se un 80% della popolazione sa che esiste una raccolta differenziata di rifiuti elettronici domestici (RAEE), solo il 50% sa che anche i PAED rientrano in questa categoria e che necessitano di una gestione accurata, dopo l'uso, da parte di un settore specializzato.
E se è vero che negli ultimi dodici mesi su 19 milioni di persone che si sono disfatte di un PAED solo 8,5 hanno adottato un comportamento che non compromette il corretto proseguire di un riciclo virtuoso, è pur vero, di contro, che in pochi sono a conoscenza della possiblità di consegnare elettrodomestici ormai in disuso ai propri rivenditori grauitamente: solo il 53% degli italiani è a conoscenza di questa semplice modalità di smaltimento e soltanto uno su cinque se ne è avvalso negli ultimi 12 mesi.La restante parte di quei 19 milioni, anzichè portare il PAED in negozio o nell'isola ecologica lo ha buttato assieme agli altri rifiuti (3,6 milioni) oppure lo ha tenuto da parte inutilizzato (5 milioni): non contribuendo al benessere del proprio stesso ambiente e di sé stesso, laddove un gesto pratico e non impegnativo potrebbe significare molto, per un paese che ha davvero molto da imparare in fatto di ecologia e riciclo. L'informazione, in questi casi, può rivelarsi un fattore fondamentale per consegnare ai nostri figli un mondo sano e pulito e non vecchio, depredato e, ormai, quasi in disuso.