Gli atolli ricoperti di cemento per interessi geopolitici
Sulle spiagge di Dubai si distendono penisole ed isole che la natura non avrebbe mai potuto disegnare con altrettanta precisione. Le Palm Islands sono in tale senso il frutto di un investimento – da sceicchi, inevitabilmente – nel turismo. Nel Mare cinese, però, l'uomo toglie spazio al mare per questioni geopolitiche. Sabbia e cemento cadono sulle Mischief Island e Fiery Cross Island, barriere coralline che erano semisommerse e che, a causa dell'opera dello stato orientale, stanno diventando vere e proprie isole. Pechino ha iniziato la sua opera di cementificazione nel 2012, ma solo di recente l'opera ha assunto una rilevanza tale ed i lavori un ritmo talmente veloce da rischiari di aprire un vero e proprio caso politico.
Nel cuore di Fiery Cross Island i satelliti americani hanno individuato una piattaforma di tre chilometri per trecento metri, che presumibilmente potrebbe essere una pista di atterraggio. Tra gli isolotti di Gaven, Johnson, Cuarteron, Eldad, Hughes sorgono torrioni, radar, impianti per la produzione del cemento. L'arcipelago delle Spratly è conteso tra Filippine, Vietnam, Taiwan e Cina, ognuna delle quali rivendica l'intera proprietà e nella cui contesa la Cina, al momento, è riuscita ad accaparrarsi soltanto la "fetta" minore. L'area è ricca di risorse energetiche e rappresenta una base importante per il controllo del Mare cinese meridionale, nelle cui acque transitano ogni anno 5000 miliardi di dollari di beni. Con interesse e preoccupazione stanno seguendo la crisi delle Spratly anche gli Usa, confermando in tal modo anche la politica del "pivot to Asia" del presidente Obama. Ashton Carter, Segretario della Difesa Usa, ha osservato che la Cina "sta gravemente aumentando le tensioni e riducendo le prospettive di una soluzione diplomatica".