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Gli alieni esistono? Lo scopriremo entro i prossimi vent’anni

Il SETI annuncia l’intenzione di intensificare le ricerche dei nostri fratelli extraterrestri, finanziamenti permettendo.
A cura di Nadia Vitali
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La risposta a quello che è uno dei più grandi interrogativi dell'umanità – Siamo soli nell'Universo? – potrebbe giungere in un tempo relativamente breve: lo hanno annunciato gli esperti del SETI Institute (acronimo che sta per Search for Extra-Terrestrial Intelligence), l'organizzazione privata americana nata con lo scopo di individuare altre forme di vita intelligente, magari inviando segnali in direzione del cosmo per comunicare la nostra presenza nella speranza di ottenere una risposta. Secondo Seth Shostak, uno degli astronomi del SETI, con almeno una mezza dozzina di altri mondi individuati che potrebbero ospitare la vita, le probabilità incappare nei nostri "fratelli cosmici" (o anche in qualcosa di molto più elementare) sono buone; e potremmo addirittura assistere a questa scoperta nel giro di un paio di decenni. Con una condizione, però, che Shostak non nasconde: il tutto, infatti, «dipenderà dai finanziamenti».

Problemi al SETI

La storia si ripete: non è, infatti, la prima volta che il SETI naviga in cattive acqua economiche e si ritrova costretto a chiedere collaborazioni ed aiuti per portare avanti la propria missione. Una missione che, negli anni passati come adesso, a molti potrebbe sembrare di poco conto e, soprattutto, infruttuosa: insomma, benché il progetto di ricerca voluto dalla NASA negli anni '70 necessitasse di una spesa tutto sommato modesta, il silenzio assordante di E.T. e dei suoi amici proveniente dallo spazio destò in molti il dubbio che si stesse letteralmente buttando del denaro che poteva essere investito in scopi più realizzabili. Il risultato fu che nel 1993 il Congresso americano optò per il taglio definitivo dei fondi pubblici destinati al SETI, stabilendo che da allora in poi il centro avrebbe potuto beneficiare soltanto delle donazioni di privati. Certo, va detto che tra questi privati ci sono anche personaggi del calibro di Paul Allen, co-fondatore di Microsoft e da anni finanziatore di diverse iniziative per promuovere scienza e progresso: ma, evidentemente, questo non basta. E così, ad appena due anni dall'annuncio della riapertura della caccia agli extra-terrestri dopo l'ennesimo rischio di chiusura dei battenti, il SETI, per bocca dei suoi esperti, comunica che la ricerca deve continuare perché c'è ragione di credere che la risposta che tanto stiamo aspettando potrebbe arrivare entro un lasso di tempo ragionevole. E che, quindi, chi ne ha possibilità e volontà, potrebbe valutare l'idea di prendere parte a questa ricerca con un sostanzioso contributo in denaro. Ma poi, gli alieni li troveremo davvero?

L'Allen Telescope Array, il radiotelescopio intitolato a Paul Allen frutto della collaborazione tra il SETI e l'Università di Berkeley.
L'Allen Telescope Array, il radiotelescopio intitolato a Paul Allen frutto della collaborazione tra il SETI e l'Università di Berkeley.

Strategie di caccia all'alieno

Dan Werthimer, direttore del SETI presso Università della California a Berkeley ha spiegato all'House Committee on Science, Space and Technology che le possibilità di forme di vita microbica sugli altri Pianeti sfiorerebbero addirittura il 100%: questo un po' perché, secondo le sue parole, «Sarebbe bizzarro se fossimo soli» ma soprattutto perché i risultati della sonda Kepler di questi ultimi anni (e presumibilmente anche dei prossimi) lasciano intravedere quello che potrebbe essere molto più di un miraggio. Il segreto di una buona caccia, però, è quello di variare strategie spesso perché è quanto meno arduo provare ad immaginare cosa stanno facendo, e come potrebbero comunicarcelo, delle civiltà aliene. Il piano migliore consiste nel battere su tre fronti: il primo interno al Sistema Solare, con le ricerche di forme di vita elementari su Marte e su alcuni satelliti naturali che, per conformazione, potrebbero essere delle potenziali dimore di vita; il secondo va oltre, fin negli abissi più remoti, in cerca di tracce di ossigeno e metano nelle atmosfere di Pianeti lontani. Infine fondamentale resta il tentativo di captare segnali radio lanciati da extraterrestri molto avanzati, magari origliandoli accidentalmente qualora non fossero diretti a noi; quest'ultimo punto è quello dal sapore più decisamente fantascientifico ma «ha senso perché in effetti anche noi, solo cento anni dopo l'invenzione della radio, abbiamo già la tecnologia che ci consente di inviare bit di informazioni attraverso anni luce di distanza a extraterrestri putativi», sostiene Shostak. Ma sarà davvero così semplice? Non resta che affidarsi a queste proiezioni e aspettare il tempo debito per verificarle.

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