Giornata Mondiale della Scienza, Cappato: “Serve istruzione contro il pensiero antiscientifico”
A partire dal 2002, il 10 novembre di ogni anno si celebra il “World Science Day for Peace and Development”, la Giornata mondiale della Scienza per la Pace e lo Sviluppo, una ricorrenza istituita l'anno precedente dall'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'educazione, la scienza e la cultura (UNESCO). Lo scopo principale di questa giornata è sensibilizzare l'opinione pubblica sull'importanza dell'informazione relativa ai progressi scientifici e sui benefici che essi comportano per tutta l'umanità, promuovendo al contempo sostenibilità e pace. In questo 2020 caratterizzato dalla pandemia di COVID-19, l'infezione provocata dal coronavirus SARS-CoV-2, il tema scelto per il World Science Day è “Scienza per e con la società”, con l'obiettivo di coinvolgere quante più persone possibili nel dibattito sul ruolo cruciale della scienza nelle dinamiche sociali. Quest'anno, inoltre, l'Organizzazione delle Nazioni Unite ha pubblicato un nuovo documento nel quale si chiarisce il perché la Scienza rappresenta un diritto umano, e quali sono i doveri dei governi al fine di garantirlo e promuoverlo tra i cittadini. Tra le organizzazioni della società civile che hanno contribuito alla stesura del documento vi è anche l'Associazione Luca Coscioni, che da anni si batte in prima linea per la libertà di ricerca scientifica. Tra le proposte messe sul tavolo dell'associazione italiana assieme a Science For Democracy e incluse nel testo finale, ad esempio, vi sono “la necessità di eliminare limitazioni arbitrarie all’accesso alla conoscenza scientifica e la verificabilità della ricerca come elemento essenziale ai fini della valutazione della sua qualità”, come indicato in un comunicato stampa. In occasione della Giornata mondiale della Scienza per la Pace e lo Sviluppo abbiamo intervistato il dottor Marco Cappato, fondatore del Congresso mondiale per la libertà di ricerca scientifica, tesoriere dell'Associazione Luca Coscioni e promotore di numerose iniziative come la campagne Eutanasia legale e Stop Global Warming.
Dottor Cappato, quest'anno l'ONU ha pubblicato un nuovo documento sull'importanza della Scienza come diritto umano, che va garantito, tutelato e promosso. Cos'è cambiato e perché ha un valore particolarmente significativo durante la pandemia di COVID-19 che stiamo vivendo
I diritti umani sono universali. Quindi non devono dipendere dalla fortuna o sfortuna che una persona ha avuto nel nascere in una condizione di vantaggio o svantaggio da un punto di vista sociale, culturale ed economico. I diritti umani vanno garantiti il più possibile a tutti i cittadini. Entriamo subito nel concreto: che cosa significa questo con la pandemia che stiamo vivendo. Significa che a livello mondiale questa corsa al vaccino è una corsa scientifica, dove i più bravi arrivano primi. I benefici, perché il diritto alla scienza è non solo il diritto degli scienziati a poter fare ricerca liberamente con investimenti adeguati, ma è anche il diritto – il testo dell'ONU recita così – a godere dei benefici del progresso scientifico e delle sue applicazioni. Allora che cosa di più di un vaccino anti COVID significa in questo momento "godere dei benefici dell'applicazione del progresso scientifico". Significa che la comunità internazionale, l'Organizzazione Mondiale della Sanità, i governi nazionali, l'Unione Europea, hanno il dovere di cooperare affinché il risultato della ricerca scientifica sia posto a beneficio non solo di chi se lo può permettere, ma di tutti i cittadini. La proposta che ha fatto il direttore dell'Agenzia Europea del Farmaco Guido Rasi durante il nostro congresso dell'Associazione Luca Coscioni, per esempio, è avere una piattaforma europea che condivida i dati sulla efficacia del vaccino una volta distribuito, invece che ciascuno Stato faccia per conto suo. Significa avere quello che l'Italia ancora non ha, un piano di distribuzione nazionale. La Germania lo ha già fatto. Noi stiamo aspettando un vaccino ma non abbiamo un piano di distribuzione nazionale. Significa fare degli accordi con i Paesi più poveri, affinché non vengano tagliati fuori dall'accesso al vaccino. Questo è l'esempio più urgente e immediato che mi viene da dire. Poi il diritto alla scienza significa anche ascoltare gli scienziati prima di prendere delle decisioni politiche.
Ci spieghi
Non significa che decidono gli scienziati. Le faccio un altro esempio collegato all'attualità. C'è lo contro in corso tra il governo centrale e le regioni, e la comunità scientifica – come l'Accademia dei Lincei, la Società Italiana di Statistica – sono 8 mesi che chiede due cose semplici: la prima, che tutti i dati sul coronavirus trasmessi dalle regioni al governo e dalle ASL alle regioni, siano trasmessi in formato aperto e disaggregato. In modo che siano consentiti degli studi di verifica e di analisi. Invece ci sono addirittura dei dati di alcune regioni che vengono girati via fax, o comunque in PDF e così via. È semplice: perché non ascoltare quello che dicono gli scienziati. L'altra cosa, che come Associazione Coscioni chiediamo da 8 mesi, è un test a campione, ricorrente, su un campione rappresentativo della popolazione italiana, 5mila – 8mila persone, per avere una stima della reale diffusione del virus nel Paese. Lo dicono gli ex presidenti ISTAT Zuliani e Alleva. Perché i dati sui tamponi non sono dati rappresentativi. Il tampone lo fa solo chi ha motivo per farlo. Per sapere in tempo reale quanto è diffuso il virus a Padova, a Bologna o a Reggio Calabria, non ci si può affidare solo ai risultati dei tamponi e delle terapie intensive, che magari si vedono con una, due settimane di ritardo. Bisogna fare il test a campione. Il diritto umano alla scienza significa che la politica, la società e i cittadini, devono beneficiare dell'avanzamento del progresso scientifico per migliorare la qualità delle decisioni di governo. Questo è fondamentale. Poi in linea più generale significa anche consentire agli scienziati ricerche che sono bloccate per motivi ideologici.
Ad esempio?
Le faccio due esempi: le droghe, e la ricerca sul genoma e sugli embrioni. Noi abbiamo un proibizionismo sulle droghe che impedisce di fare in Italia quello che si sta facendo in mezzo mondo. La ricerca sugli psichedelici per esempio, LSD, MDMA, tutte queste sostanze. In America hanno appena vinto due referendum non solo sulla cannabis terapeutica, ma anche sulla psilocibina, i funghi cosiddetti allucinogeni. Perché non poter fare questa ricerca che gli scienziati dicono potrebbe essere promettente, ad esempio contro la depressione. In Italia stiamo parlando di 3 milioni di persone, che potrebbero beneficiare di questa ricerca. Un altro esempio è la modificazione del genoma e degli embrioni. Siccome il Vaticano non vuole che si faccia questa ricerca, noi siamo bloccati. Quelli che hanno vinto il Premio Nobel, la Doudna e Charpentier, sulla modificazione del genoma, in Italia non potrebbero mai condurre le loro ricerche liberamente. Il diritto umano alla scienza vuol dire tante cose. Alcune sono diciamo di prospettiva, altre sono proprio urgenti e riguardano anche l'emergenza coronavirus. Se è vero che vogliamo cogliere questa opportunità, perché, come si dice retoricamente a volte, nulla sia più come prima. Allora però bisogna cambiare le cose in fretta, urgentemente.
Le vostre proposte come sono state recepite?
A livello europeo per la questione del vaccino esiste una iniziativa internazionale con l'OMS, nella quale sono coinvolti anche l'Unione Europea col governo italiano. Mi sembra che l'Italia abbia compreso l'importanza di questa strada. Spero che con la Presidenza di Biden ed Harris le cose possano evolversi. Il freno che è stato dato a livello mondiale – pensiamo agli accordi di Parigi sui cambiamenti climatici – da Trump nell'ascoltare la scienza, è stato qualcosa di molto grave in questi quattro anni. E infatti Biden nel suo discorso di investitura per tre volte ha parlato della scienza e degli scienziati, e ha detto che farà una task force con esperti proprio per avere un piano d'azione su questo. A livello internazionale io spero che le cose miglioreranno. Intanto abbiamo ottenuto ascolto dall'ONU, che ha approvato quest'ultimo documento che chiarisce che cosa è il diritto alla scienza, e dei risultati li stiamo ottenendo. Ovviamente non solo noi, ma anche tutte le altre organizzazioni mondiali che si occupano di questo. A livello italiano mi pare che ci sia ancora molto da fare. Queste proposte sui dati del coronavirus hanno trovato un riscontro nel fatto che il Presidente del Consiglio Conte ha detto che adesso loro diffonderanno i dati, però nella pratica credo che ancora siamo molto indietro. Per le questioni più strutturali, quelle legate al proibizionismo e all'influenza del Vaticano, non stanno trovando un'attenzione da parte dei partiti politici. L'Italia su questo è veramente in grave ritardo.
E per quanto riguarda i tamponi a campione?
Non riusciamo ad avere delle risposte e non capisco nemmeno il perché. Io spero che di fronte a questo scontro istituzionale con le Regioni diventi chiara l'urgenza di questa proposta. Perché facendo l'indagine a campione i dati sarebbero quelli di un'indagine nazionale, quindi si potrebbe in qualche modo bypassare, o meglio, integrare i dati forniti dalle Regioni, con questi nuovi dati forniti appositamente dall'indagine a campione. Le indagini che stanno facendo le procure della Repubblica a Genova, a Napoli sulle possibili manipolazioni dei dati, sono indagini che non andranno mai a incidere in tempo utile sul fenomeno. Con i tempi della giustizia italiana…Spero invece che ci si renda conto che quello che serve non è condannare tra cinque anni un assessore regionale o un dirigente pubblico, ma ottenere fra cinque giorni i dati del monitoraggio. Questo è fondamentale.
Lei è tra i promotori e organizzatori della campagna Stop Global Warming, ci spieghi a che punto è la vostra iniziativa e perché i cambiamenti climatici non sono sempre recepiti come un pericolo concreto dall'opinione pubblica
Rispetto a qualche anno fa la situazione è cambiata. Anche i sondaggi dicono che c'è buona consapevolezza almeno di una parte dell'opinione pubblica. Quello che sta mancando è, diciamo così, la soluzione politica. Cioè, anche chi ha capito la gravità della situazione, si trova quasi un po' impotente. “Ok, bisogna ridurre le emissioni di CO2, ma come si fa?”. Ecco il valore aggiunto della campagna Stop Global Warming.eu. Noi abbiamo preso un'idea di 27 Premi Nobel, che da anni dicono che bisogna tassare le emissioni di CO2, e investire quei soldi per risparmio energetico, fonti alternative e per ridurre le tasse sui redditi più bassi, e l'abbiamo trasformata in una proposta politica. Una proposta attraverso l'iniziativa dei cittadini europei (iniziativa ICE ndr), che è uno degli strumenti previsti dall'Unione Europea per la partecipazione dei cittadini. Proprio perché i governi si dimostrano molto lenti e poco reattivi su questo tema. È fondamentale coinvolgere i cittadini su una proposta istituzionale. Con la raccolta delle firme siamo ancora molto indietro, 45mila firme, e bisogna raccoglierne un milione da almeno 7 Paesi. In ogni caso è una proposta che stiamo già mettendo sul tavolo a livello di pressione, di lobbing; abbiamo una firma importante, che è quella dell'ex presidente dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite che è Mogens Lykketoft. Lui era presidente ai tempi degli accordi di Parigi, cinque anni fa, il 12 dicembre sarà la scadenza dei cinque anni di quegli accordi, e si è reso conto che in assenza di un meccanismo economico che renda poco conveniente emettere CO2, rischiano di rimanere lettera morta. E quindi insieme a lui stiamo coinvolgendo parlamentari, ex commissari europei e personalità di governo su questo obiettivo.
Nonostante gli sforzi compiuti, il pensiero antiscientifico è dilagante, tra negazionisti, antivaccinisti e via discorrendo. Cosa si può fare per arginare il fenomeno?
Credo che nel lungo periodo ci sia da scommettere molto sul tema della formazione e dell'istruzione. Al pensiero critico. Non è tanto la questione di insegnare nozioni scientifiche nelle scuole, ma bisogna che sin da giovani i ragazzi imparino come funzionano la logica elementare e la sperimentazione. Questo è fondamentale. Cioè che una verità, che è sempre con la v minuscola, che può sempre essere sfidata, ma per affermarsi o per essere contrastata, bisogna trovare dei solidi dati di sperimentazione. Questo è proprio un fatto di preparazione culturale, che oggi manca a tante persone. Diciamo rudimenti di statistica, che consentono di capire cosa significa davvero “è guarito un malato”. Funziona facendo una sperimentazione, un doppio cieco, un gruppo di malati, vedere chi è guarito, chi non è guarito, per quale motivo. Quindi non la nozione scientifica nel senso “la scienza dice questo”, perché poi le nozioni cambiano sempre, quello che è importante insegnare a scuola è proprio come si arriva, per prova ed errore alla conoscenza, da un punto di vista scientifico. Nell'immediato è chiaro che alcune cose possono essere oggetto di comunicazione di massa, per esempio quello che è mancato durante la crisi del coronavirus è stato un “Piero Angela” che venga trasmesso a reti unificate e che dica quello che si sa con ragionevole certezza su quanto sta accadendo, invece di vedere continuamente questi talk show dove ci sono anche molti scienziati, che magari litigano l'uno con l'altro. Quindi è importante distinguere dall'opinione personale di uno scienziato e dei dati di conoscenza consolidata attraverso la ricerca. E propagandare e spiegare in forma semplificata quelle informazioni. E poi è anche molto utile a mio avviso spiegare i benefici che possono arrivare dalla conoscenza scientifica e che possono essere medicinali, vaccini e cose di questo tipo. Quelli che sono pregiudizialmente ostili non si faranno convincere, non c'è questa illusione, però alla popolazione in generale un minimo di alfabetizzazione e conoscenza di questi elementi non può che giovare.