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Femmine di zanzara geneticamente modificate per non riprodursi: la strategia contro la malaria

Possono eliminare le portatrici della malattia entro un anno, come dimostrato in uno studio pubblicato su Nature Communications dal team di ricerca guidato dal professor Andrea Crisanti: “Diffondendo l’infertilità femminile nelle zanzare che trasportano la malaria si può arrivare al collasso della specie portatrice della malattia”.
A cura di Valeria Aiello
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Zanzare geneticamente modificate possono essere utilizzare per eliminare completamente gli insetti vettori della malaria. Lo dimostra un nuovo studio pubblicato su Nature Communications da un team di ricerca internazionale guidato dal professor Andrea Crisanti, direttore del Dipartimento di Medicina Molecolare dell’Università di Padova, che ha coinvolto i ricercatori inglesi dell’Imperial College di Londra, della Liverpool School of Tropical Medicine e gli italiani del Polo d’Innovazione di Genomica, Genetica e Biologia (GGB) di Terni.

Gli studiosi hanno utilizzato una tecnologia di modifica genetica basata sul sistema CRISPR, acronimo di Clustered Regularly Interspaced Short Palindromic Repeats, ovvero sequenze geniche che si ripetono a intervalli regolari, una vera e propria rivoluzione nel campo dell’editing genomico dal momento che con questa tecnica è possibile modificare geni specifici all’interno di un genoma. Questa tecnologia è stata impiegata per mirare a un gene essenziale nella determinazione del sesso delle zanzare, chiamato gene doublesex, in modo che le femmine di zanzara non potessero produrre prole.

La sperimentazione è stata condotta sulla specie Anopheles gambiae, responsabile della maggior parte della trasmissione della malaria nell’Africa sub-sahariana, mostrando che le zanzare con il gene modificato possono portare alla soppressione della popolazione di vettori in gabbie indoor che simulano l’habitat naturale. In particolare, le gabbie utilizzate per lo studio contenevano centinaia di zanzare di età diverse, rappresentando una popolazione naturale, oltre ad essere appositamente progettate per imitare le condizioni ambientali affinché le zanzare potessero accoppiarsi, riposare, alimentarsi e deporre le uova come normalmente accade in natura. Questo è stato ottenuto non solo controllando la temperatura e l’umidità delle gabbie ma anche fornendo punti di riferimento naturali e illuminazione specificamente progettati per simulare l’alba e il tramonto.

In queste condizioni, le zanzare modificate sono state rilasciate in percentuali del 12,5% e 25% all’interno delle popolazioni nelle gabbie, e i ricercatori hanno tracciato sia la velocità di diffusione del gene modificato sia il suo impatto sulla fertilità delle femmine, oltre al declino della popolazione. Ciascuna delle gabbie (due con il 12,5% e due con il 25% di zanzare geneticamente modificate) ha mostrato una rapida diffusione del gene modificato e il completo collasso della popolazione entro un anno.

I risultati dello studio – ha spiegato il professor Crisanti – fanno prevedere che, rilasciando zanzare che selettivamente inattivano il gene doublesex, e quindi diffondendo l’infertilità femminile all’interno delle popolazioni di zanzare che trasportano la malaria locale, si possa arrivare al collasso dalla specie portatrice della malaria. Abbiamo inoltre osservato che sia i maschi sia le femmine eterozigoti che portano una sola copia del gene doublesex modificato non mostrano cambiamenti. Tuttavia, le femmine con due copie del gene modificato mostrano caratteristiche sia maschili che femminili, non riescono quindi più a pungere e non depongono le uova”.

Gli studi in queste condizioni ecologiche – ha aggiunto Crisanti – sono un passo importante verso il rilascio di zanzare che trasportano la trasmissione genica in natura, anche se dobbiamo tener presente che ci sono barriere di sicurezza e tecnologia da superare prima che sia possibile pianificare una sperimentazione sul campo, tra cui test di resistenza più completi e valutazioni del rischio ambientale”.

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