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Fare più di tre settimane di vacanze all’anno protegge il cuore e allunga la vita

Un team di ricerca finlandese ha dimostrato che fare più di tre settimane di vacanze in un anno puà allungarci la vita. Da un’analisi statistica condotta sui dati di 1200 uomini d’affari è emerso che chi ha preso 3 settimane di ferie o meno all’anno ha avuto il 37 percento di probabilità in più di morire tra il 1974 e il 2004.
A cura di Andrea Centini
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Fare più di tre settimane di vacanze nel corso di un anno allunga la vita: chi ne fa soltanto tre o meno, infatti, avrebbe un rischio di mortalità più alto. A determinarlo un team di ricerca dell'Università di Helsinki, Finlandia, che ha condotto un'approfondita analisi statistica sui dati di oltre 1200 uomini d'affari. Gli scienziati, coordinati dal professor Timo Strandberg, docente presso il Dipartimento di Medicina dell'ateneo finlandese, hanno basato la propria indagine sui risultati di uno studio condotto nel 1974 e nel 1975 su uomini di mezza età nati tra il 1919 e il 1934, e ne hanno esteso il follow-up della mortalità fino al 2014, grazie ai dati raccolti nei registri nazionali.

Gli uomini coinvolti nello studio presentavano tutti quanti almeno un fattore di rischio cardiovascolare, come il sovrappeso, il vizio del fumo, il colesterolo alto e l'ipertensione. Gli scienziati li suddivisero in due gruppi; uno di controllo composto da 610 uomini e uno definito di intervento di 612 uomini. All'epoca furono seguiti per 5 anni. Gli uomini del gruppo di intervento ricevettero consulenze sanitarie ogni quattro mesi con la raccomandazione di seguire specifiche linee guida per migliorare la propria salute, come fare attività fisica, seguire una dieta sana ed equilibrata, smettere di fumare e bere e via discorrendo. Quando il cambiamento nello stile di vita non dava effetti, gli uomini del gruppo di controllo venivano supportati con la prescrizione di farmaci ad hoc, come beta-bloccanti e diuretici per abbassare la pressione sanguigna, farmaci per ridurre i lipidi e così via. Al termine dell'indagine, il rischio di malattia cardiovascolare è stato ridotto del 46 percento negli uomini del gruppo d'intervento, ma paradossalmente, nello studio di follow-up eseguito a 15 anni di distanza, la mortalità è risultata essere più elevata nel gruppo di intervento che in quello di controllo.

Che cosa è successo? Per indagare a fondo Strandberg e colleghi hanno esteso ulteriormente il follow-up a 40 anni arrivando fino al 2014 (utilizzando i registri di morte finlandesi) e hanno esaminato una nuova serie di dati che in passato non erano stati registrati, come il quantitativo di ore di lavoro, di sonno e di ferie. Incrociando tutti i dati è emerso che, tra il 1974 e il 2004, gli uomini del gruppo di intervento che avevano preso tre settimane di ferie o meno in un anno avevano il 37 percento di probabilità in più di morire rispetto a chi aveva preso più giorni di ferie. Tra il 2004 e il 2014 non sono invece state rilevate differenze nella mortalità.

“Non si può pensare che avere uno stile di vita sano possa produrre un effetto compensatorio sulle conseguenze negative di troppo lavoro e di mancanza di vacanze”, ha dichiarato il professor Timo Strandberg. “Nel nostro studio, gli uomini con vacanze più brevi lavoravano di più e dormivano meno rispetto a quelli che prendevano le vacanze più lunghe. Questo stile di vita stressante può aver annullato qualsiasi beneficio dell'intervento. Pensiamo che l'intervento stesso possa anche avere avuto un effetto psicologicsoo negativo su questi uomini aggiungendo stress alle loro vite”, ha aggiunto lo studio.

In definitiva, Strandberg e colleghi indicano che la riduzione dello stress rappresenta una componente essenziale nell'abbattere il rischio delle malattie cardiovascolari, di conseguenza il corretto stile di vita, i farmaci, le giuste ore di riposo e una pausa dal lavoro congrua rispetto all'impegno sono tutti aspetti fondamentali per la nostra salute. I dettagli della ricerca sono stati presentati al Congresso della Società Europea di Cardiologia e saranno pubblicati sulla rivista scientifica specializzata The Journal of Nutrition, Health & Aging.

[Credit: Skeeze]

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