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“Ettore Majorana era vivo tra il ’55 e il ’59”

In quegli anni il fisico italiano viveva in Venezuela: le conclusioni della Procura di Roma che chiudono il caso (più o meno).
A cura di Nadia Vitali
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Il “caso Majorana” è chiuso: non ci fu suicidio, non si trattò di annegamento, né tanto  meno di omicidio. Il grande fisico italiano non andò a chiudersi in un’abbazia certosina calabrese dove finì i suoi giorni e non si diede neanche al vagabondaggio nella sua terra natale: secondo la Procura della Repubblica di Roma, Ettore Majorana trascorse sicuramente la metà degli anni ’50 nella città di Valencia, in Venezuela, dove fu in contatto con un emigrante italiano che ha fornito le più importanti prove a sostegno di questa ipotesi. Finisce qui, forse, una storia che ha affascinato quanti, in qualche modo, si affezionarono idealmente alla storia di quel ragazzo schivo e introverso, secondo alcuni scomparso perché – con geniale intuizione e grande sensibilità – già nel 1938 aveva sviluppato una certa consapevolezza degli esiti a cui potevano condurre gli studi suoi e dei ragazzi di Via Panisperna. Ma andiamo con ordine nel ricostruire questa intricata vicenda.

La scomparsa di Majorana

Marzo 1938: il giovane Ettore Majorana lavora come docente di fisica teorica presso l’Università di Napoli, dove ha accetto un incarico dopo aver rifiutato prestigiose collaborazioni all'estero. Stanco e affaticato, su suggerimento di amici stretti, si reca per qualche giorno in Sicilia. Nelle ore precedenti la partenza scrive lettere di addio a colleghi e familiari, una delle quali poi smentita da un telegramma, dalle quali emerge un profondo tormento e turbamento d’animo. Trascorre solo un paio di giorni sull'isola prima di riprendere il piroscafo per Napoli: da quel momento di lui si perdono le tracce. Ufficialmente per sempre. L’ipotesi che a una prima analisi sembra più probabile – benché anche la più amara – fa propendere per un suicidio in un punto qualunque del Mar Tirreno: sulla nave, infatti, più di una persona sostiene di averlo visto.

Allontanamento volontario?

Ma c’è qualcosa che non quadra: un prelievo in denaro sospetto per una persona che ha deciso di togliersi la vita nonché alcune testimonianze che lo volevano a Napoli nei giorni successivi alla sua "scomparsa". Del resto, nei biglietti che lui aveva lasciato non veniva mai utilizzata la parola suicidio: era quindi verosimile che le scuse di Majorana per il “gesto” che si accingeva a compiere si riferissero proprio ad una volontà di scomparire, ma non di morire. Le indagini delle settimane successive non portarono a molto ma, già da allora, si fece strada la pista del convento nel quale il giovane sarebbe andato a cercare tranquillità ed anonimato: ipotesi che avrebbe fatto sua anni dopo Leonardo Sciascia nella magnifica opera dedicata alla scomparsa del grande scienziato. Una teoria affascinante – e che non dispiaceva al lettore ormai “affezionato” alla figura di questo sensibile genio – ma che, duole dirlo, non poggiava su alcun elemento concreto. Adesso, invece, sembra si sia giunti finalmente ad una svolta.

Il caso è chiuso?

Lo sostiene il procuratore Filippo Laviani che ha chiesto l’archiviazione di un fascicolo aperto nel 2011, quando nuovi elementi giunti nelle mani degli investigatori fecero ritenere opportuno tornare sul caso mai risolto. Fondamentale fu la testimonianza di Francesco Fasani, italiano emigrato alla metà degli anni ’50 in Venezuela che riteneva di essere stato in contatto con un uomo che si faceva chiamare Bini: un amico che aveva presentato il signor Bini a Fasani aveva già detto a questi che, in realtà, dietro quel nome si celava il grande fisico italiano. Bini (che in ogni caso non rivelò mai nulla in merito) viene descritto da Fasani, dal punto di vista comportamentale e caratteriale, come una persona molto simile a Majorana: e questo, specifica Laviani, in assenza di conoscenze di natura psichiatrica dal momento che Fasani nella vita faceva il meccanico.

Le prove

Manco a dirlo, a Bini non piaceva essere fotografato ma Fasani riuscì ad e”estorcergli” uno scatto in un frangente in cui l’uomo avrebbe difficilmente potuto rifiutarsi: Fasani gli aveva appena prestato dei soldi. Partendo da questa eccezionale testimonianza del 1955, i RIS dei carabinieri hanno condotto analisi che hanno consentito di stabilire la perfetta sovrapponibilità del volto di Bini con quello di Majorana in ciascun singolo punto anatomico: inoltre, il signore della foto è incredibilmente simile al padre di Ettore. C’è dell’altro: una cartolina che Quirino Majorana, zio di Ettore e anch'egli fisico di fama mondiale, scrisse nel 1920 ad un americano, W.G. Conklin. Lo stesso Fasani la ritrovò nell'automobile del signor Bini. Una conferma ulteriore.

La seconda scomparsa di Majorana

Incredibile ma vero: Ettore Majorana “è stato ritrovato”. Come e perché sia finito in Venezuela, al momento, è ancora impossibile stabilirlo: e chissà se lo sapremo mai. Del resto non sappiamo neanche cosa è accaduto “dopo”: le informazioni di Fasani (che tra l’altro è morto di recente) si fermano al 1959. Dopodiché del geniale fisico catanese si perdono nuovamente le tracce.

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