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Essere bilingue fa male al cervello: congettura di vent’anni fa torna in Rete

Vecchia congettura sul bilinguismo riesumata dai tabloid inglesi. Facciamo chiarezza.
A cura di Juanne Pili
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bilinguismo in america
Bilinguismo in America. Credit: Daily Mail.

Credevamo che il bilinguismo portasse vantaggi alla mente. Uno studio dimostrerebbe che gli psicologi fino ad oggi hanno solo scherzato.

La letteratura è abbastanza vasta, interessa almeno un secolo di studi sulla formazione della mente dei bilingue, che rappresentano circa metà della popolazione mondiale. Particolari vantaggi interesserebbero memoria ed attenzione. Una lingua è ciò che da forma al nostro modo ti pensare, quindi di vedere il mondo; negli ultimi quindici anni di studi si è capito che a seconda del linguaggio padroneggiato si hanno particolari attitudini nel modo di pensare il nostro tempo. Emblematica potrebbe essere la divisione tra filosofi analitici e continentali. I primi prediligono l’inglese, i secondi il tedesco. La difficoltà da parte degli analitici di entrare in sintonia col pensiero continentale potrebbe derivare infatti dal diverso modo di intendere la copula “essere”, che in tedesco ha molte più sfumature rispetto all’inglese; questo è un problema che riguarda anche le differenze tra latino e greco nel pensiero classico e medievale.

Una visione più ampia. Ecco quindi che essere bilingue presenta già il vantaggio di poter avere una visione del mondo più ampia, ed una struttura logica del proprio ragionamento più efficiente. “Due lingue, due menti” è il titolo di un suggestivo studio pubblicato nel dicembre 2014 su Psychological science.  Numerosi test confermano infatti quanto la nostra mente possa essere resa più flessibile dal bilinguismo; comportando vantaggi che possono interessare anche il mondo del lavoro, specialmente nel settore terziario.

Quello a cui fanno riferimento le testate inglesi è un articolo di divulgazione pubblicato su The conversation, questo a sua volta si basa su un vero studio pubblicato sul Cambridge jurnal nel 1998; molto interessante ma ci sembra un po’ datato. I risultati della ricerca inoltre si limitano a suggerire che il bilinguismo porti chi parla in un linguaggio a dover sopprimere l’altro, affaticando così cognitivamente il soggetto. Circa vent’anni fa erano tanti i punti oscuri attorno al bilinguismo, specialmente nei paesi dove maggiormente si sente il problema dell’integrazione degli immigrati e della loro prole. Ad esempio si riteneva che il bilinguismo fosse implicato in ritardi di vario tipo nell’apprendimento e nella lettura – come nel caso della dislessia – non di meno uno studio del 2006 smentisce il collegamento, attribuendo questo genere di problemi allo scarso livello di istruzione dei genitori.

Approfondimenti. Per chi fosse interessato ad approfondire si possono trovare numerosi studi, pubblicati quest’anno, volti a monitorare l’impatto del bilinguismo in vari ambiti. Citiamo a titolo d’esempio quello pubblicato nel febbraio scorso su Epilepsy & Behavior, dove si constata che i bambini bilingue affetti da epilessia hanno prestazioni mnemoniche maggiori di quelli che conoscono una sola lingua. Recentemente abbiamo pubblicato un articolo di Zeina Ayache riguardo ad uno studio che dimostra come già a undici mesi i cervelli dei bambini bilingue sono più attivi della media.

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