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Eseguito il primo trapianto di trachea al mondo: procedura aiuterà anche i pazienti Covid

Una squadra composta da oltre 50 specialisti del Mount Sinai Hospital di New York ha eseguito su una donna il primo trapianto di trachea al mondo, un intervento estremamente complesso a causa delle difficoltà nella vascolarizzazione dell’organo. L’operazione, durata 18 ore, è perfettamente riuscito. Aiuterà anche i numerosi pazienti Covid con danni alla trachea a causa dell’intubazione.
A cura di Andrea Centini
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La signora Sonia Sein con l'equipe medica che ha eseguito il pionieristico trapianto. Credit: Mount Sinai Health System
La signora Sonia Sein con l'equipe medica che ha eseguito il pionieristico trapianto. Credit: Mount Sinai Health System

Negli Stati Uniti è stato eseguito il primo trapianto di trachea al mondo, un intervento rivoluzionario del quale beneficeranno anche tanti pazienti ricoverati per COVID-19, l'infezione provocata dal coronavirus SARS-CoV-2. A eseguire l'operazione una equipe multidisciplinare di specialisti del Mount Sinai Hospital di New York. A beneficiare del trapianto di trachea è stata una donna di 56 anni, che ormai da diverso tempo respirava attraverso una tracheotomia, ovvero un foro praticato chirurgicamente nel collo. La paziente, una assistente sociale, soffre di asma, e a causa di una grave crisi respiratoria avvenuta anni fa fu costretta a ripetute intubazioni. Il procedimento invasivo, com'è noto, può provocare seri danni alla trachea, anche in associazione alla ventilazione meccanica per pompare ossigeno nei polmoni. I ripetuti interventi chirurgici cui è stata sottoposta per “riparare” l'impalcatura cartilaginea hanno solo peggiorato la situazione, a tal punto che la paziente del Bronx – Sonia Sein – temeva ormai di morire nel sonno a causa di un collasso della trachea.

Sapendo che i medici del Mount Sinai Health System avevano un avanzato programma per il trattamento delle malattie tracheali e che avevano gettato le basi per il progetto “Tracheal Airway Disease and Tracheal Transplant”, la paziente si è rivolta all'equipe guidata dal chirurgo-scienziato Eric M. Genden, esperto otorinolaringoiatra e chirurgo della testa e del collo, oltre che professore di Neurochirurgia e Immunologia presso la prestigiosa Scuola di Medicina “Icahn” di Mount Sinai. All'epoca del primo contatto gli scienziati non erano ancora pronti per eseguire l'intervento, ma dopo aver confermato la validità di tutte le procedure nella sperimentazione, all'inizio dell'anno hanno deciso che era giunto il momento per il primo trapianto. La trachea è apparentemente un organo “semplice”, essendo essenzialmente un condotto cartilagineo che collega la laringe ai polmoni per permettere lo scambio di ossigeno. L'ostacolo più serio nel trapiantarlo risiede nella vascolarizzazione, fondamentale per mantenerlo vitale durante la complessa procedura.

Il team guidato dal professor Genden, una squadra composta da oltre 50 specialisti tra chirurghi, infermieri, anestesisti, come riporta un comunicato stampa del nosocomio newyorchese, per mantenere vitale la trachea estratta dal donatore “hanno eseguito una serie di anastomosi microvascolari, collegando i piccoli vasi sanguigni che nutrono la trachea del donatore con i vasi sanguigni del ricevente”. I medici hanno utilizzato “una parte dell'esofago e della ghiandola tiroidea per aiutare a fornire l'afflusso di sangue alla trachea, il che ha portato a una rivascolarizzazione di successo”. L'operazione è durata 18 ore ed è stata eseguita lo scorso 13 gennaio; non appena è stato possibile è stata chiusa anche la tracheotomia, e la paziente è tornata a respirare con la propria bocca dopo ben 6 anni.

“Nonostante le ricerche approfondite sull'apporto vascolare all'organo utilizzando modelli umani e animali, non esiste un vero modo per prepararsi completamente a un trapianto umano di questo tipo”, ha dichiarato il professor Genden in un comunicato stampa. “Ad esempio, non avevamo una guida per sapere quanto bene l'innesto avrebbe tollerato il trapianto, quindi abbiamo lavorato molto rapidamente. Diciotto ore dopo, era chiaro che avevamo realizzato ciò che molti dicevano che non poteva essere fatto. Alla fine, tutto è andato liscio perché abbiamo messo insieme un team con una vasta esperienza chirurgica nel trapianto di organi e nella ricostruzione tracheale. Vedere l'innesto prendere vita e sapere che l'organo era ben vascolarizzato è stata un'esperienza straordinaria. Sapere che questa procedura e 30 anni di ricerca salveranno innumerevoli vite è stato indescrivibile. È per questo che facciamo quello che facciamo, per fare la differenza”, ha aggiunto il professor Genden.

Illustrazione di una trachea umana. Credit: Mount Sinai Health System
Illustrazione di una trachea umana. Credit: Mount Sinai Health System

Come specificato dagli autori dell'intervento, i pazienti con danni alla trachea sono sempre più numerosi a causa della COVID-19. Nei casi più gravi, infatti, il virus può provocare danni rilevanti all'apparato respiratorio superiore, inoltre spesso i pazienti in terapia intensiva richiedono intubazione e ventilazione meccanica, una procedura invasiva che come indicato può danneggiare la trachea. I medici del Mount Sinai Hospital sottolineano che l'intervento innovativo salverà la vita a migliaia di persone con difetti congeniti, ustioni e danni alla trachea provocati da tumori e traumi.

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