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Covid 19

Eruzioni cutanee in un paziente su 10 con coronavirus, esperti: “Sintomo da non sottovalutare”

Analizzando i dati di migliaia di pazienti positivi al coronavirus SARS-CoV-2, un team di ricerca britannico ha osservato che le eruzioni cutanee sono un sintomo molto più diffuso e specifico di quel che si credesse. Sono presenti in circa un contagiato su dieci, pertanto gli esperti raccomandano di non sottovalutarle.
A cura di Andrea Centini
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Un'eruzione cutanea sul braccio
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Il coronavirus SARS-CoV-2 è stato scoperto ufficialmente circa 7 mesi fa, e da allora ha dato vita a una pandemia catastrofica, che nel momento in cui stiamo scrivendo ha provocato oltre 13,3 milioni di contagiati e circa 579mila decessi (in Italia si registrano 243mila infezioni totali e poco meno di 35mila morti). Col passare del tempo gli scienziati stanno comprendendo sempre più a fondo il suo impatto sull'organismo umano, che va ben oltre la “semplice” infezione respiratoria. È infatti stato determinato che il patogeno è in grado di colpire praticamente ogni distretto del corpo attraverso la formazione di coaguli di sangue, inoltre può provocare seri danni a cuore, cervello e altri organi. Tra i sintomi più comuni della COVID-19, l'infezione che scatena, figurano tosse secca, febbre, diarrea, perdita dell'olfatto (anosmia) e del gusto; ora un gruppo di scienziati esorta il sistema sanitario britannico (National Health Service) a contemplare anche le eruzioni cutanee tra i sintomi caratteristici dell'infezione, poiché risultano decisamente più diffuse di quanto si immaginasse (circa un paziente su dieci).

A determinarlo un team di ricerca britannico guidato da scienziati del King's College di Londra, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi della società Zoe Global Ltd e del Dipartimento di Dermatologia del West Herts NHS Trust. I ricercatori, coordinati dal professor Mario Falchi, docente presso il Dipartimento di Ricerca sui Gemelli e di Epidemiologia Genetica dell'ateneo londinese, hanno determinato la diffusione delle eruzioni cutanee da coronavirus analizzando i dati degli oltre 330mila utenti che nel Regno Unito utilizzano l'applicazione “COVID Symptom Study”, attraverso la quale i fruitori possono segnalare i sintomi sperimentati e la positività eventualmente rilevata dal tampone rino-faringeo.

In poco più di 27mila hanno segnalato i risultati dei tamponi, dei quali circa 2mila sono risultati positivi (il 7,4 percento) e 25mila negativi (oltre il 92 percento). Tra i positivi, l'8,8 percento – cioè 178 persone – hanno dichiarato di aver sperimentato eruzioni cutanee, fra i quali in 62 solo alle estremità del corpo (eruzioni acrali) e in 22 sia sul corpo che acrali. Oltre 17mila utenti dell'applicazione che non hanno fornito risultati sui tamponi hanno sperimentato uno dei tre sintomi principali (per l'NHS britannico) associati alla COVID-19, ovvero tosse persistente, febbre e perdita dell'olfatto; fra essi, sospettati di essere stati contagiati, l'8,2 percento ha indicato di aver sperimentato un'eruzione cutanea. Questi dati sono stati suffragati da altri di un sondaggio online, nel quale fra gli oltre 11mila intervistati che presentavano un'eruzione cutanea, il 17 percento è risultato positivo al coronavirus. Nel 21 di essi, le lesioni alla pelle rappresentavano l'unico segno clinico dell'infezione.

Falchi e colleghi sottolineano che sebbene le eruzioni cutanee siano meno frequenti della febbre, sono un sintomo molto più specifico della COVID-19, e soprattutto durano più a lungo. In precedenza il Consiglio Generale dei Collegi Ufficiali dei Podologi di Spagna aveva comunicato che i pazienti con coronavirus possono sviluppare piccole lesioni ai piedi molto simili a quelle causate dal morbillo e della varicella, o ai geloni. Come sottolineato dal professor Tim Spector del Kings College di Londra, il coronavirus sembra determinare eruzioni cutanee in circa un paziente su 10, ed esse possono palesarsi prima, dopo o durante la comparsa di altri sintomi. Le lesioni cutanee potrebbero originare a causa di eventi trombotici minori nei capillari, come quelli osservati nelle autopsie di 7 pazienti americani, o per processo infiammatorio legato alla “caccia” del virus da parte del sistema immunitario. Ad ogni modo, sostengono Falchi e colleghi, i rash cutanei sono un sintomo da non sottovalutare e dovrebbe essere tenuto in considerazione per il tracciamento dei positivi e l'eleggibilità al tampone. I dettagli della ricerca britannica sono stati caricati sul database MedrXiv, in attesa della revisione fra pari e la pubblicazione su una rivista scientifica.

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