Qual è la parola che in tutto il mondo si pronuncia ugualmente?
Se doveste trovarvi a parlare con persone di cui non conoscete e comprendete l’idioma, state pur certi che potrete far capire tranquillamente al vostro interlocutore che vi sfugge il significato di quanto dice: basterà chiedergli “Eh?”. Per altro, la parolina magica funzionerebbe anche nell'ipotesi in cui doveste trovarvi a viaggiare nel tempo, circostanza, in verità, assai più improbabile e dunque di scarso interesse. Questo accadrebbe perché, secondo quanto dimostrato gli studiosi Mark Dingemanse, Francisco Torreira e Nick Enfield del Max Planck Institute for Psycholinguistics presso Nijmegen, nei Paesi bassi, il monosillabo “Eh” risulterebbe essere universale, ossia assai simile per forma e funzioni in praticamente tutte le lingue del globo.
Potrebbe apparire frivolo occuparsi scientificamente di un termine del genere, rilevano gli stessi studiosi, i quali hanno reso noti i risultati del proprio lavoro in un articolo pubblicato da PLOS ONE. Ma va notato come, nella fattispecie, “Eh?” risulti essere uno strumento indispensabile all'interno della comunicazione tra gli esseri umani: in assenza di una particella del genere non saremmo in grado di segnalare difficoltà nell'ascolto o nella comprensione e le nostre conversazioni potrebbero spesso finire su altri binari a causa delle incomprensioni. E, in effetti, la considerazione che suoni praticamente identici abbiano il medesimo utilizzo in tutti i Paesi del Pianeta rende la giustizia dovuta alla ricerca effettuata e a questo piccolo fondamentale termine della nostra quotidianità.
Dingemanse e i suoi colleghi hanno analizzato differenti lingue dei cinque continenti, trovando in ciascuna di esse una parola dal suono quasi uguale e dalla stessa funzione dell’”Huh?” inglese, che per noi italiani è “eh?”: per far comprendere che non si è capito, infatti, gli spagnoli chiedono “E?”, i tedeschi “Eh?”, i cinesi e i laotiani “A?”. Tale ricorrenza è veramente notevole perché, spiegano i ricercatori, normalmente le parole in idiomi che non condividono il medesimo ceppo linguistico tendono a differenziarsi completamente: l’esempio riportato è quello del cane, che in francese è chien, ma in inglese diviene dog e in giapponese inu. Certo, si potrebbe obiettare che nella fattispecie “Eh?” non possa essere esattamente considerato un termine: ma gli autori hanno osservato come, nonostante “Huh?” sia molto più ricorrente in tutte le lingue di quanto dovrebbe normalmente, esso differisce comunque per sfumature fonetiche in maniera sistematica per ogni lingua. Inoltre, non si può certamente paragonarlo ai suoni che appaiono universali perché innati, come quello della starnuto o del pianto, dal momento che entra a far parte del linguaggio comunque in base all'apprendimento.
Gli scienziati avanzano dunque l’ipotesi che tale manifesta e diffusa ricorrenza possa essere spiegata partendo da uno dei principi basilari della biologia evoluzionista: quando specie differenti si ritrovano a vivere condizioni similari possono evolvere tratti comuni, secondo un fenomeno che viene indicato come convergenza evolutiva. L’esempio citato è quello di squali e delfini che, pur avendo origini assolutamente distanti, hanno sviluppato corpi dalle forme rassomiglianti in ragione del medesimo ambiente acquatico in cui vivono. I ricercatori, dunque, ritengono che le parole potrebbero tendere a convergere su forme analoghe quando ricorrono in contesti di conversazione fortemente simili: ma mai un effetto tanto evidente di questa sorta di «ecologia della conversazione» è stato osservato prima. Del resto, benché l’espressione “Eh?”, con tutte le sue varianti del globo, si presenti come talmente semplice da apparire praticamente primitiva, non ha un corrispettivo, per forme o funzioni, nei nostri cugini biologici più vicini, ossia le scimmie antropomorfe: soltanto tra gli umani ricorre questo fondamentale elemento di comunicazione, utile a render nota la non comprensione del messaggio ricevuto e caratteristico di un linguaggio complesso che può essere soggetto quindi a fraintendimenti. «Anche una parola modesta come “Huh?” può insegnarci molto a proposito della nostra natura di animali ultra-sociali», concludono i ricercatori.
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