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Ecco perché correre è come una droga

i ricercatori hanno spiegato qual è il meccanismo alla base del cosiddetto “sballo del corridore”.
A cura di Nadia Vitali
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JOSEPH EID/AFP/Getty Images
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Gli appassionati forse potranno confermare quanto dimostrato dalla scienza: correre è un tale piacere per l’organismo che, con il tempo, si può sviluppare una vera e propria dipendenza. Adesso uno studio condotto dai ricercatori di diverse università tedesche ha dimostrato che gli effetti benefici di questa attività potrebbero essere il risultato di meccanismi in parte analoghi a quelli che producono la dipendenza dalle droghe leggere.

In un articolo pubblicato da Proceedings of the National Academy of Sciences, gli scienziati illustrano i dettagli di un esperimento che ha coinvolto alcuni topi di laboratorio con l’obiettivo di chiarire quali fossero le sostanze endogene, associate alle sensazioni di piacere, riscontrabili nell'organismo dei corridori sulle lunghe distanze (le stesse responsabili del fastidio o del disagio provato quando la persona abituata a correre è costretta a saltare la propria sessione di esercizio).

Studi condotti negli anni recenti (a partire dal 2008) si erano già soffermati su quello che viene chiamato il runner’s high, ossia "lo sballo del corridore": una sensazione di euforia riscontrabile in molti atleti durante o dopo una prolungata pratica sportiva. I risultati di queste ricerche erano stati utili per comprendere che questa euforia non era riconducibile esclusivamente a cause psicologiche bensì collegata a fattori neuro-chimici, ossia al rilascio di endorfine durante l’esercizio fisico di una certa durata (quindi una corsa lunga, come una maratona, ma anche una pedalata di diversi chilometri).

Ebbene, queste sostanze prodotte dall’ipofisi, che agiscono come una droga, non sono le sole ad essere coinvolte nel meccanismo: i ricercatori hanno infatti notato che anche l’anandamide gioca un ruolo fondamentale. Questa sostanza appartiene alla classe degli endocannabinoidi, le molecole prodotte dalle cellule neuronali che si legano agli stessi recettori a cui si lega il tetraidrocannabinolo: ossia il principale principio attivo della cannabis.

Facendo correre alcuni topolini su una ruota per circa 5 ore al giorno, i ricercatori hanno osservato come la risposta delle cavie a test comportamentali in grado di misurarne ansia e sensibilità era decisamente meno stressata rispetto a quella dei topi del gruppo di controllo.

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