Dove si sta diffondendo la variante Lambda che “resiste” ai vaccini
Come qualunque altro virus, anche il coronavirus SARS-CoV-2 muta naturalmente replicandosi nell'ospite e diffondendosi nelle comunità, dando vita a nuovi lignaggi che possono rappresentare un ulteriore ostacolo nel contrasto alla pandemia di COVID-19. Ad oggi l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha classificato quattro varianti di preoccupazione (VOC), ovvero l'Alfa (ex inglese), la Beta (ex sudafricana), la Gamma (ex brasiliana) e la Delta (ex seconda indiana), tutte caratterizzate da mutazioni in grado di renderle più trasmissibili, virulente e/o capci di eludere in parte l'efficacia degli anticorpi neutralizzanti, sia quelli indotti dai vaccini anti Covid che quelli di una precedente infezione naturale. Oltre alle varianti di preoccupazione, l'OMS riconosce anche diverse varianti di interesse (VOI), per le quali non sono state ancora "certificate" le suddette caratteristiche ma che guidano comunque nuovi focolai , rappresentando dunque una minaccia da monitorare. Fra esse quella che preoccupa di più gli esperti è la variante Lambda o C.37 (codice GISAID GR/452Q.V1), scoperta per la prima volta in Perù a dicembre 2020 e classificata come VOI dall'OMS a giugno di quest'anno. Ecco dove si sta diffondendo e perché è ritenuta così pericolosa.
Ad oggi, in base alle informazioni caricate sulla banca dati internazionale GISAID, nel mondo sono stati registrati circa quattromila casi di variante Lambda, la maggior parte dei quali concentrati nel Paesi del Sud America, come mostra la mappa soprastante. Al primo posto c'è il Cile, con 1.268 infetti totali, dei quali 28 nell'ultimo mese e dove attualmente rappresenta il 30 percento dei casi complessivi; al secondo c'è proprio il Perù, con 897 casi, dove tuttavia nell'ultimo mese non sono state registrate nuove infezioni; al terzo posto figurano gli Stati Uniti con 841 casi, con appena 8 nelle ultime settimane; segue l'Ecuador, con 185 casi totali, 43 dei quali nell'ultimo mese e un'incidenza del 14,1 percento; al quinto posto c'è il Messico con 171 casi (4 nell'ultimo mese); al sesto la Spagna con 130 (1 negli ultimi 30 giorni); al settimo l'Argentina con 109 (uno solo nell'ultima settimana); all'ottavo la Germania con 100 (2 nell'ultimo mese) e via via tutti gli altri Paesi, per un totale di una quarantina coinvolti. L'Italia è al quattordicesimo posto nella classifica globale, con soli 13 casi individuati, di cui uno nell'ultimo mese. Il grafico di GISAID mostra chiaramente che la diffusione della variante Lambda in Sud America ha avuto un picco il 3 maggio 2021 e, dopo un ulteriore “sussulto” il 21 giugno, la sua incidenza ha iniziato a calare, prima lentamente, poi con un vero e proprio crollo a partire dal 19 luglio. Al momento la curva si trova allo stesso punto in cui era nel mese di marzo ed è in continua discesa.
Questi dati ci dicono dunque che la variante Lambda, seppur in "ascesa" in alcuni Paesi, in particolar modo Cile ed Ecuador, attualmente ha una diffusione limitata e dunque non ha assolutamente nulla a che spartire con la circolazione globale della variante Alfa – che ha dominato la seconda ondata dello scorso inverno – e con quella della variante Delta, che sta guidando i nuovi contagi dell'attuale terza-quarta ondata in Europa (Italia compresa), Stati Uniti e altri Paesi. Questo è un bene, perché i dati degli studi più recenti suggeriscono che la variante Lambda è piuttosto insidiosa, essendo caratterizzata da una maggiore contagiosità e una superiore resistenza agli anticorpi. Secondo la ricerca “Reduced neutralizing activity of post-SARS-CoV-2 vaccination serum against variants B.1.617.2, B.1.351, B.1.1.7+E484K and a sub-variant of C.37” pubblicata su MedrXiv da scienziati della Icahn School of Medicine at Mount Sinai di New York, la variante Lambda risulta quella con la maggiore capacità di ridurre l'efficacia neutralizzante degli anticorpi indotti dai vaccini a RNA messaggero, ovvero quelli di Pfizer e Moderna. Tale riduzione è stata di ben 4,6 volte, superiore anche a quella della variante Beta, nota per le sue mutazioni di fuga immunitaria. Va tuttavia tenuto presente che gli scienziati coordinati dalla professoressa Viviana Simon non hanno usato la variante Lambda C.37 “originale”, ma una sua sottovariante ulteriormente mutata; inoltre tutti i vaccini testati in laboratorio hanno comunque dimostrato di mantenere una capacità neutralizzante.
In un'altra ricerca condotta dal The Institute of Medical Science dell'Università di Tokyo, gli scienziati guidati dal professor Kei Sato hanno determinato che le mutazioni responsabili della maggiore trasmissibilità della variante Lambda sono la T76I e la L452Q, mentre la mutazione RSYLTPGD246-253N sarebbe quella alla base della sua resistenza agli anticorpi. Sono tutte posizionate sulla proteina S o Spike del virus, il "grimaldello biologico" utilizzato per rompere la parete cellulare e avviare l'infezione. Va tenuto presente che sia la ricerca “SARS-CoV-2 Lambda variant exhibits higher infectivity and immune resistance” dei ricercatori giapponesi che quella dei colleghi americani non sono ancora state sottoposte a revisione paritaria e dunque pubblicate su riviste scientifiche. Alla luce di questi e altri dati la variante Lambda rappresenta sicuramente una minaccia da monitorare, tuttavia al momento la sua diffusione limitata e in decrescita non rappresenta particolari preoccupazioni a livello globale. Senza dimenticare che l'OMS non l'ha ancora inserita nell'elenco delle varianti più pericolose nella gestione della pandemia.