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Doha, si salva Kyoto (e basta)

Il protocollo di Kyoto sopravviverà fino al 2020 ma l’impegno riguarderà solo una minoranza e non i grandi Paesi inquinatori, mentre il fondo verde per gli Stati più poveri è ancora piuttosto magro.
A cura di Nadia Vitali
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doha si salva il protocollo di kyoto

Quando negli anni ’90 nasceva il Protocollo di Kyoto, buona parte degli Stati di tutto il mondo dimostrarono uncerto interesse ed attenzione in merito al problema dei cambiamenti climatici, mettendo in campo il proprio impegno e la propria volontà a collaborare: la fine del ventesimo secolo portava con sé una nuova coscienza ambientale che, ad ogni livello, prometteva di mettere al mondo buoni frutti, dopo i decenni di sviluppo incontrollato e di inquinamento non regolamentato. Ma non tutte le buone idee sono destinate a concretizzarsi e i tempi per la riduzione delle emissioni, per la conversione delle energie inquinanti in “pulite”, per la sfida al cambiamento climatico sono andati sempre più dilatandosi: fino a giungere, a conclusione del vertice di Doha, ad un vero e proprio «passo indietro della comunità internazionale», per dirla con le parole del Ministro per l’Ambiente Corrado Clini.

Doha Climate Gateway – Negoziati chiusi con un giorno di ritardo, con le ultime trentasei ore quasi ininterrottamente dedicate ai lavori tra delegati stanchi al limite dell’insofferenza ed ansiosi di mettere la parola fine alle trattative, confusione, disorganizzazione ed attivisti che tornavano a bussare alle stanze del potere sempre più incalzanti: a Doha è andato in scena il drammatico ritratto di una questione ambientale che interessa una cerchia progressivamente più ristretta o, meglio, lontana dai luoghi in cui si prendono le decisioni concrete. E tutto questo è accaduto nonostante il segno lasciato da Sandy, l’uragano che ha devastato poche settimane fa il continente americano, che, a parere dei più ottimisti, avrebbe dovuto fare da monito ai 17 000 partecipanti al vertice ONU provenienti da oltre 190 Paesi. E invece tutto quello che è stato portato a casa si chiama Doha Climate Gateway, accordo soltanto transitorio che conferma la cosiddetta “fase 2” di Kyoto e proietta verso Varsavia 2013 i negoziati che avranno luogo per la messa a punto di un nuovo accordo globale maggiormente vincolante che entrerebbe in vigore a partire dal 2015: il problema è che, sostanzialmente, il nuovo Kyoto coinvolge un numero di Stati responsabile di meno del 20% delle emissioni totali.

Meglio di niente? – In verità no, perché, con la mancata adesione dei grandi Paesi sviluppati ed inquinatori quali gli Stati Uniti, il Canada, la Russia, la Nuova Zelanda ed il Giappone, dei buoni propositi di quel trattato scaduto restano soltanto le briciole. Così come briciole sono state destinate al tanto annunciato fondo verde che dovrebbe servire agli Stati più poveri come aiuto ed agevolazione nella transizione verso una tecnologia più efficiente e a minore impatto ambientale: sul tavolo sono stati messi al momento 8 miliardi di euro, che nel 2020 dovrebbero diventare 100. Certo, resta la speranza accesa che l’Europa, che unitamente ad Australia, Svizzera e Norvegia continuerà nella seconda fase di Kyoto con l’impegno per la riduzione delle emissioni, possa rendersi protagonista nel coinvolgere sempre più nel dibattito le grandi economie emergenti di Cina, India, Brasile, Messico e Sud Africa, portando magari i “nuovi ricchi” del mercato globale ad aderire all'accordo previsto per il 2015: ma è un flebile lumicino, soprattutto se associato alla crisi economica mondiale che a molti, Stati Uniti e Canada in testa, è servita per rimandare l’emergenza climatica. Del resto, la Cina stessa ha sempre promosso il discorso delle «responsabilità comuni ma differenziate» motivandolo con lo sviluppo esponenziale vissuto da Europa ed America in decenni passati in cui l'attenzione alle tematiche ambientali era pressoché inesistente: peccato che per il Pianeta e per il suo benessere, le ragioni storiche di emissioni di gas serra, deforestazione, riscaldamento globale ed innalzamento dei mari siano davvero poco rilevanti.

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