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Astinenza da nicotina? Tutta una questione di neuroni

Sarebbe una piccola area cerebrale a controllare l’astinenza da nicotina: la scoperta di alcuni scienziati potrebbe aprire ad una nuova generazione di terapie antifumo?
A cura di Nadia Vitali
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C'è chi non ha la minima intenzione di smettere, coloro i quali riescono ancora a far coincidere il concetto di "vizio" con quello di "piacere", anche dopo anni di sodalizio con le sigarette o che, più semplicemente, si sono rassegnati ad un legame indissolubile benché nocivo per la salute. E poi ci sono quelli che per liberarsi dall'odiata dipendenza le sperimentano tutte, ricorrendo talvolta anche a dei centri appositi dove esperti seguono ciascun paziente nel proprio percorso di "disintossicazione". Proprio questi ultimi, in futuro, potrebbero trovare grande aiuto in una recente scoperta, opera dei ricercatori della University of Massachusetts Medical School, di Worcester, guidati da Andrew Tapper, i quali hanno reso noti i risultati del proprio lavoro in un articolo pubblicato dalla rivista Current Biology.

Tutti sono a conoscenza di come la dipendenza dalle sigarette venga generata dalla nicotina: la sostanza, presente già nelle foglie del tabacco, costituisce la componente che più di ogni altra porta all'assuefazione del consumatore. A livello fisico, la nicotina provoca un aumento della pressione sanguigna e delle contrazioni cardiache mentre le sue proprietà psicotrope mettono in moto il sistema fisiologico della ricompensa: in conseguenza a tutto ciò essa può causare astinenza nel caso di una brusca interruzione nella auto-somministrazione quotidiana. I sintomi scaturiti da tale astinenza, secondo le osservazioni degli studiosi, sarebbero da mettere in relazione con una determinata area cerebrale all'interno della quale specifici neuroni controllerebbero la dipendenza: questa regione viene chiamata nucleo interpeduncolare ed è una piccola massa grigiastra localizzata nel terzo inferiore del mesencefalo.

Per giungere a tale conclusione, Tapper e colleghi hanno sfruttato alcuni modelli murini ai quali è stata fatta assumere della nicotina per via orale attraverso l'acqua; successivamente la somministrazione della "dose" è stata interrotta dando vita ad evidenti sintomi fisici da astinenza: bruschi movimenti, scuotimento di capo e corpo, grattamento compulsivo, sbattere dei denti. Durante questa fase gli studiosi hanno monitorato visivamente cosa stava accadendo nel cervello dei topi, rilevando così nel nucleo interpeduncolare una insolita e spiccata attività: inevitabile, dunque, stabilire un nesso tra i due fenomeni. In una seconda fase dell'esperimento, i ricercatori hanno fatto ricorso a topi ingegnerizzati geneticamente nei quali, con un semplice impulso luminoso, poteva essere attivato artificialmente il nucleo interpeducolare anche nelle cavie che non avevano esperito l'assuefazione: il risultato è stato conforme alle aspettative, poiché anche i topi che non avevano mai "assaggiato" la nicotina hanno iniziato a manifestare segnali da "crisi di astinenza". Attraverso il medesimo meccanismo, è bastato ridimensionare i livelli di attività della stessa area perché nei topi assuefatti si assistesse ad una lieve diminuzione dei sintomi.

Si potrebbe affermare che un nuovo varco sembra aprirsi in direzione di nuove prospettive terapeutiche per la dipendenza dal fumo, origine di numerose patologie, dalle malattie cardiovascolari al tumore al polmone. Anche per i soggetti in cui la dipendenza si è insinuata più saldamente, lasciando ben poco margine d'azione alla forza di volontà, c'è dunque una strada che porta alla liberazione dall'assuefazione? Forse è troppo presto per dirlo, dal momento che saranno comunque indispensabili studi ulteriori sull'argomento, non soltanto per sviscerare tutti i segreti di questo oscuro meccanismo d'azione ed eventualmente trovare il modo di combatterlo, ma anche per cercare di stabilire se è possibile riscontrare un collegamento con altre dipendenze che possono diventare estremamente dannose, come quella dall'alcol.

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