Dimezzare la dose dei vaccini Covid potrebbe ridurre il rischio di trombosi
Una soluzione ai rari casi di trombosi dopo la vaccinazione anti-Covid potrebbe essere quella di dimezzare la dose somministrata. A chiedere di testare una diversa posologia sono i ricercatori tedeschi che per primi hanno descritto la possibile reazione immunitaria che causa i coaguli nel sangue dopo l’inoculazione del vaccino di Astrazeneca. Questo stesso vaccino, nello studio clinico di fase 3, è stato somministrato per errore in minore quantità ad alcuni volontari e, evidenziano gli studiosi, un dosaggio inferiore a quello standard ha generalmente mostrato meno effetti collaterali. “Forse – sostengono su Science – una dose più bassa ha meno probabilità di scatenare il tipo di forte infiammazione che aumenta anche gli anticorpi PF4”.
Il team di ricerca, guidato dall’esperto di coagulazione Andreas Greinacher dell’Università di Greifswald, ha recentemente pubblicato sul New England Journal of Medicine una serie di case report in cui si sono osservati eventi trombotici associati a un basso numero di piastrine dopo l’inoculazione della prima dose di Astrazeneca. Nel loro articolo, ipotizzano che l’adenovirus utilizzato come veicolo del materiale genetico per produrre la proteina Spike nel virus nelle cellule, possa rompersi, liberando il DNA. Come l’eparina, un farmaco per cui è nota una rara reazione (trombocitopenia indotta da eparina) in cui il sistema immunitario produce anticorpi contro un complesso formato da eparina e una proteina chiamata fattore piastrinico 4 (PF4), anche il DNA che potrebbe formare un complesso multimolecolare con PF4, inducendo la produzione di anticorpi in grado di legarsi selettivamente a PF4. Questo legame attiva le piastrine che, a loro volta, iniziano a legarsi tra loro, formando pericolosi coaguli nel sangue. “La reazione immunitaria al DNA extracellulare – ha osservato Greinancher – fa parte di un’antica difesa immunitaria innescata da gravi infezioni o lesioni, e lo stesso DNA libero può segnalare al corpo di aumentare la coagulazione nel sangue”.
La comprensione del meccanismo che porta a queste reazioni di coagulazione è fondamentale per capire se altri vaccini anti-Covid basati su adenovirus, come quello prodotto da Johnson & Johnson (attualmente sospeso dalla Food and Drug Administration (FDA) negli Stati Uniti per la segnalazione di sei eventi tromboembolici con ripercussioni sull’impiego anche in Europa) possano determinare episodi analoghi. Almeno altri due vaccini già approvati in altri Paesi impiegano adenovirus come vettore virale, il russo Sputnik e il cinese Cansino, sebbene per entrambi non siano stati segnalati questi eventi avversi.
Secondo Greinacher e il suo collaboratore Rolf Marschalek, biologo molecolare dell’Università di Francoforte, la somministrazione di dose dimezzata, come accaduto accidentalmente nella sperimentazione clinica di Astrazeneca, può ridurre gli effetti collaterali e avere meno probabilità innescare il tipo di forte infiammazione che aumenta anche gli anticorpi contro PF4. “Inaspettatamente – ha affermato Marschalek – le persone che avevano ricevuto una dose più bassa erano leggermente più protette, forse perché alti livelli di infiammazione possono effettivamente bloccare la formazione di anticorpi”. “Parte del problema – ha aggiunto Greinancher – potrebbe essere che hanno appena overdose” al vaccino.
Ad ogni modo, il fatto che gli effetti collaterali più comuni siano meno frequenti in seguito alla somministrazione di mezza dose non implica che questo accada con gli eventi avversi molto rari, avvertono gli scienziati. Ma se l’intuizione si rivelerà corretta, quello che è sembrava un colpo terribile per una delle armi più importanti contro la pandemia potrebbe essere una buona notizia sotto mentite spoglie: ciascuna dose standard potrebbe permettere di vaccinare il doppio delle persone, con meno effetti collaterali.