Depressione per metà dei pazienti Covid: più a rischio chi sviluppa mal di testa e sintomi gravi
Circa la metà dei pazienti contagiati dal coronavirus SARS-CoV-2 sviluppa sintomi ascrivibili al disturbo depressivo maggiore. La depressione si manifesta con maggiori probabilità in chi, durante il periodo della malattia, sperimenta il mal di testa e/o ha sintomi generalmente più gravi. Gli uomini che hanno avuto la COVID-19 (l'infezione provocata dal patogeno pandemico) hanno un rischio più elevato delle donne di sviluppare sintomi depressivi, così come i più giovani infettati soffrono del problema mentale più degli anziani.
A determinare queste associazioni tra depressione e infezione da coronavirus SARS-CoV-2 è stato un team di ricerca americano guidato da scienziati del Massachusetts General Hospital di Boston, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi della Scuola di Medicina dell'Università di Harvard, dell'Università Rutgers di New Brunswick e dell'Università Nordoccidentale. I ricercatori, coordinati dal professor Roy H. Perlis, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver analizzato le risposte a questionari standardizzati di decine di migliaia di volontari durante la pandemia.
Come spiegato dal professor Perlis e dai colleghi nell'abstract dello studio, dopo aver sperimentato la COVID-19 molti pazienti vanno incontro a problemi di umore, insonnia, ansia e affaticamento, “che possono contribuire a tassi notevolmente elevati di disturbo depressivo maggiore”, come emerso da diversi studi epidemiologici. Per determinare la diffusione dei sintomi depressivi tra i pazienti COVID e quali fossero a maggior rischio hanno predisposto questionari online ad hoc e li hanno sottoposti a un'ampia platea di cittadini americani, tra giugno 2020 e gennaio 2021. Tra quelli che hanno risposto, in poco meno di quattromila (3.904) hanno dichiarato di essere stati contagiati dal coronavirus SARS-CoV-2. Avevano un'età media di 38,1 anni e nella maggior parte dei casi si trattava di uomini (le donne erano il 44,3 percento, 1.730). Il 10,7 percento era composto da ispanici; l'11,2 percento da neri; e il 3,6 percento da asiatici. Oltre ad aver risposto a questionari sociodemografici (dedicati a età, sesso, reddito, etnia etc etc), i partecipanti hanno anche risposto a domande relative alla gravità percepita della COVID-19 (da "per niente" a "molto") e al Questionario sulla salute del paziente-9 (PHQ-9), utilizzato per determinare tramite punteggio l'incidenza dei sintomi depressivi.
Incrociando tutte le informazioni è emerso che oltre duemila partecipanti, pari al 52,4 percento del totale, dopo l'infezione da coronavirus SARS-CoV-2 ha sviluppato sintomi ascrivibili al disturbo depressivo maggiore. Come indicato, chi aveva sviluppato mal di testa o sintomi gravi aveva un rischio maggiore di essere depresso, così come gli uomini rispetto alle donne e le fasce di età più giovani rispetto a quelle più mature. “I nostri risultati si aggiungono a un crescente corpo di prove che suggeriscono l'importanza di considerare potenziali sequele neuropsichiatriche causate dalla COVID-19. I nostri risultati suggeriscono anche l'importanza di considerare strategie che potrebbero mitigare l'elevato rischio di sintomi depressivi nei pazienti che sviluppano un'infezione acuta”, scrivono Perlis e colleghi. I dettagli della ricerca “Association of Acute Symptoms of COVID-19 and Symptoms of Depression in Adults” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica JAMA Research Letter.