Depressione e fast food, c’è un legame?
Guai in vista per gli amanti dello junk food che, dopo essere stati allertati fino alla nausea sulle conseguenze che i cibi ricchi di grassi producono sulla forma fisica e sulla salute dell'organismo, ora si troveranno a combattere contro una nuova accusa per hamburger, patatine fritte e hot dog: perché secondo uno studio recentemente pubblicato dalla rivista scientifica PLoS ONE, i prodotti che solitamente si consumano nei fast food potrebbero anche essere all'origine di problemi mentali e, nello specifico, qualora mangiati troppo spesso farebbero sensibilmente aumentare il rischio di andare incontro alla depressione. Questo almeno è quanto sostenuto da alcuni ricercatori dell'Università di Las Palmas de Gran Canaria che hanno lavorato in collaborazione con l'Università di Navarra, di Pamplona, analizzando un campione di individui che è stato seguito a partire dal 1999 e fino al 2010.
Lo studio – I volontari, arruolatisi in maniera permanente, erano tutti spagnoli, con il medesimo titolo di studio, la stessa età media (37.5) e senza alcuna storia di disturbo depressivo alle spalle. Nei test iniziali è stata valutata la dieta e le abitudini alimentari dei soggetti, con una particolare attenzione rivolta al consumo dei grassi: nelle successive sessioni, i partecipanti sono stati divisi in base all'incidenza dei casi di depressione. È stato così possibile osservare come effettivamente sembrerebbe (il condizionale è sempre d'obbligo e, del resto, i risultati della ricerca andranno confermati attraverso ulteriori studi) apparire chiaro un legame tra alimentazione e salute psicologica: indugiare sui cibi dei fast food, ma anche su prodotti da forno preconfezionati come pizze e merendine, incrementerebbe di circa il 40% il rischio di depressione. Ad incidere maggiormente sul benessere psichico sarebbero gli acidi grassi trans, TFA, di cui queste gustose pietanze sono ricche: già responsabili di un aumento del rischio di arteriosclerosi e delle malattie cardiovascolari, avrebbero dunque un'influenza importante anche sulle patologie della mente.
L'identikit dell'amante del fast food – Considerando l'ampio campione di individui esaminati, non è stato difficile per i ricercatori riuscire a stilare anche un profilo accurato dell'utenza media dei fast food: per lo più si tratterebbe di single, molto spesso fumatori, poco inclini a praticare attività fisica e che lavorano più di 45 ore a settimana. In particolare, presenterebbero una tendenza generale a scartare dalla propria alimentazione cibi dalle qualità migliori quali pesce, olio d'oliva, verdura e frutta: un dato che potrebbe essere visibile anche dalle condizioni della pelle. Un altro studio pubblicato da PLoS ONE ha infatti messo in evidenza come i benefici di vegetali e frutti siano riscontrabili anche nel breve giro di sei settimane in un visibile miglioramento del colore della carnagione: un effetto che, potenzialmente, potrebbe rivelarsi utilissimo per incoraggiare anche i più irriducibili amanti del fast food a rassegnarsi al consumo di cibi meno grassi.