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Danni al cuore riscontrati in più della metà dei pazienti Covid dimessi dall’ospedale

Lo evidenziano i risultati di un nuovo studio pubblicato sull’European Heart Journal da un team di ricercatori dell’University College e dell’Imperial College di Londra che ha osservato tassi di lesione del muscolo cardiaco a distanza anche di due mesi dalla dimissione.
A cura di Valeria Aiello
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Più della metà dei pazienti ricoverati in ospedale con una grave forma di Covid-19 e alti livelli di troponina ha riportato danni al cuore. Lo indicano i risultati di un nuovo studio condotto in Gran Bretagna dal team di ricerca guidato da Marianna Fontana, professoressa di cardiologia presso l’University College di Londra, insieme al dottor Graham Cole, cardiologo e consulente presso l’Imperial College di Londra. Le lesioni, rilevate mediante risonanza magnetica cardiaca, sono state identificate a distanza di almeno un mese dalla dimissione dei pazienti e hanno incluso infiammazione del muscolo cardiaco (miocardite), cicatrici o morte del tessuto cardiaco (infarto) e limitato afflusso di sangue al cuore (ischemia).

Lo studio, pubblicato sull’European Heart Journal, ha coinvolto un totale di 148 pazienti ricoverati con una diagnosi di Covid-19 e successivamente dimessi da sei ospedali londinesi. Ad oggi, rappresenta il primo lavoro per dimensioni del campione ad aver indagato su soggetti guariti che hanno mostrato un aumento delle concentrazioni di troponina, un importante indicatore di possibile sofferenza cardiaca. “Livelli di troponina elevati – spiegano gli studiosi – sono associati a esiti peggiori nei pazienti con Covid-19. Spesso si tratta di persone che hanno problemi di salute preesistenti, tra cui diabete, ipertensione e obesità, sebbene forme gravi di Covid-19 possano colpire anche il cuore”.

La risonanza magnetica del cuore: in blu il flusso sanguigno ridotto e in l'arancione un buon flusso sanguigno. La parte inferiore in blu scuro indica che il flusso sanguigno è molto ridotto / European Heart Journal
La risonanza magnetica del cuore: in blu il flusso sanguigno ridotto e in l'arancione un buon flusso sanguigno. La parte inferiore in blu scuro indica che il flusso sanguigno è molto ridotto / European Heart Journal

L’indagine ha infatti evidenziato che i pazienti Covid per cui si è reso necessario il ricovero in ospedale avevano tutti un aumento della troponina, suggerendo la presenza di danno cardiaco poi valutato attraverso gli esami diagnostici. “Abbiamo riscontrato alti tassi di lesione del muscolo cardiaco che potevano essere osservati nelle risonanze magnetiche cardiache a distanza di anche due mesi dalla dimissione, di cui alcuni erano nuovi e probabilmente causati dalla malattiaha spiegato la professoressa Fontana – . Nei casi più gravi, temiamo che le lesioni possano aumentare il rischio di insufficienza cardiaca in questi pazienti”.

In particolare, lo studio ha indicato che nel 54% dei pazienti erano presenti cicatrici o lesioni del muscolo cardiaco, di cui il 26% ha avuto origine da un’infiammazione, il 22% determinato da cardiopatie ischemiche (infarto o ischemia) o da entrambe le condizioni nel 6% dei casi. Nell’8% dei pazienti, inoltre, i ricercatori hanno evidenziato una possibile infiammazione cardiaca in corso.

Risultati che, nel complesso, ci offrono due opportunità – ha aggiunto Fontana – : in primo luogo, aiutandoci a trovare un modo per prevenire la lesione, in considerazione anche del possibile ruolo dell’aumento del rischio di coaguli di sangue, per il quale abbiamo potenziali trattamenti. In secondo luogo, permettendoci di rilevare le conseguenze del danno cardiovascolare durante la convalescenza, individuando i pazienti che trarrebbero beneficio da specifici trattamenti farmacologici di supporto per proteggere la funzione cardiaca nel tempo”.

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