Curare la cecità con le staminali: al via il primo trial su un paziente
Al Moorfields Eye Hospital di Londra ha avuto luogo un trapianto di cellule staminali embrionali per curare la degenerazione maculare senile. La paziente, una donna di sessant'anni, è stata la prima di una coorte di dieci persone che, entro i prossimi 18 mesi, si sottoporranno allo stesso tipo di intervento; entro dicembre i medici che hanno operato sapranno se, effettivamente, i risultati sono stati quelli attesi, se la persona ha recuperato la vista e se il trattamento, oltre ad essere efficace, sia anche del tutto sicuro.
Si tratta, quindi, di una tecnica ancora sperimentale ma che si è avvalsa di numerosi studi e trial prima di giungere ad una fase così avanzata. I ricercatori si sono serviti di cellule staminali provenienti da un embrione fatte differenziare in cellule dell'epitelio pigmentato retinico, ossia lo strato esterno della retina, e coltivate in laboratorio. In questo modo hanno costruito uno strato nuovo di cellule che, impiantato nell'occhio a mo' di cerotto, dovrebbe sostituire le cellule danneggiate dalla degenerazione maculare dovuta all'età e consentire il recupero delle funzioni dell'occhio.
L'approdo alla chirurgia giunge dopo dieci anni dalla nascita del London Project to Cure Blindness, una collaborazione che vede l'ospedale lavorare con il National Institute for Health Research e con l'istituto di oftalmologia della UCL allo scopo di trovare una cura per la degenerazione maculare senile essudativa (o umida) che è la forma più grave, ma meno comune, della malattia. Il successo dell'intervento, spiegano gli esperti, significherebbe anche applicare la tecnica sperimentale ai pazienti affetti dalla forma detta "secca", più diffusa e meno grave.
Siamo estremamente soddisfatti di aver raggiunto questo obiettivo nella ricerca di un nuovo approccio terapeutico. Pur ammettendo che il trial si focalizza su un piccolo gruppo di pazienti che hanno esperito un repentino e grave abbassamento della vista, noi speriamo che molti pazienti potranno beneficiarne in futuro. – Professor Pete Coffey dell'UCL Institute of Ophthalmology