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Cromosoma umano artificiale impiantato per la prima volta in una cellula

La svolta che potrebbe portare a rivoluzionarie terapie genetiche attraverso la biologia sintetica è avvenuta inserendo un cromosoma artificiale nella cellula di un topo.
A cura di Roberto Paura
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Un topo geneticamente modificato con un cromosoma umano artificiale all’interno di ogni cellula del suo corpo è l’ultimo traguardo di una lunga ricerca per trovare il modo di far interagire cromosomi sintetici creati in laboratorio con gli organismi viventi. Lo scenario potrebbe apparire per qualcuno un ottimo incipit per un film  horror, ma è in realtà un successo storico per le future terapie genetiche. L’annuncio arriva in esclusiva dal prestigioso quotidiano britannico The Indipendent che cita paper scientifici di prossima pubblicazione. La ricerca sarebbe stata svolta da un team internazionale che comprende scienziati americani e giapponesi.

Cellule staminali e cromosomi artificiali

I "vettori virali" sono comunemente impiegati per inserire porzioni di DNA sano all'interno del genoma danneggiato di cellule umane.
I "vettori virali" sono comunemente impiegati per inserire porzioni di DNA sano all'interno del genoma danneggiato di cellule umane.

Il primo cromosoma umano artificiale risale al 1997. Utilizzato negli studi in laboratorio per comprendere meglio il funzionamento dei singoli geni, per la sua stessa natura non può interagire con gli altri 46 cromosomi del genoma umano. Permetterne l’interazione potrebbe invece portare a importanti applicazioni mediche. Nelle terapie genetiche più avanzate impiegate oggi, i biologi usano un vettore virale per inserire porzioni di DNA all’interno di una cellula umana. I virus infatti sono in grado di inserire il loro DNA nella cellula invasa e sostituirlo con quello preesistente. Versioni innocue e ingegnerizzate in laboratorio di questi virus fungono quindi da vettori che vanno a sostituire geni o porzioni di cromosoma danneggiato all’interno di una cellula umana. In questo modo è possibile contrastare la diffusione di malattie prodotte da errori genetici, tra cui alcune forme di cancro.

Ciò non è possibile con i cromosomi artificiali, che normalmente non interferiscono con il resto del corredo cromosomico della cellula. L’innovazione impiegata dal tema di ricerca è stata quella di usare le cellule staminali. Estraendo cellule somatiche da un potenziale paziente e trasformandole in cellule staminali pluripotenti attraverso la moderna tecnica iPS (che è valsa il Nobel per la medicina nel 2012), è possibile inserire cromosomi artificiali con copie sane di geni danneggiati all’interno di tali cellule. Quindi, impiantandole di nuovo all’interno dell’organismo del paziente, le cellule con cromosomi extra possono riprodursi e differenziarsi, contrastando la malattia genetica. Un primo passo in questo senso è stato compiuto con i topi, anche se ci vorrà tempo per impiegare la stessa tecnica negli esseri umani.

Dal batterio al lievito, i traguardi della biologia sintetica

Si tratta comunque di una dimostrazione di come in pochi anni sia stato possibile compiere balzi da gigante nella potenziale applicazione terapeutica della biologia sintetica, considerando che il primo cromosoma umano artificiale è stato creato nel 1997 e la prima applicazione della tecnica iPS risale al 2007. “La scoperta apre a potenziali applicazioni per la terapia genetica, per la correzione di difetti genetici negli esseri umani”, spiega Nataly Kouprina, tra i membri del team di ricerca al National Cancer Institute di Bethesda, negli Stati Uniti. “E’ noto che esistono un sacco di malattie ereditarie dovute alla mutazione di certi geni”. Il risultato è destinato ad aprire il dibattito etico. In linea teorica sarebbe possibile giungere a produrre un intero DNA umano sintetico, un progetto a cui lavorano alcuni laboratori di biotecnologia privati negli Stati Uniti, tra cui quello di Craig Venter, che nel 2008 ha realizzato il primo organismo biologico sintetico, un batterio controllato da un singolo cromosoma.

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Nel 2017 sarà prodotto il primo lievito sintetico attraverso la creazione artificiale dei 16 cromosomi che costituiscono il suo genoma.

Proprio in questi giorni è stato annunciato lo sviluppo del primo lievito sintetico, che potrà essere utilizzato per sviluppare terapie antibiotiche e vaccini, oltre a potenziali applicazioni nell’ambito dei biocombustibili. Il progetto, che coinvolge gruppi di ricerca in tutto il mondo, e guidato dalla John Hopkins University, sarà completato nel 2017 attraverso la realizzazione in laboratorio di tutti i 16 cromosomi necessari per ottenere un genoma completo di lievito Saccharomyces cerevisiae. “I lieviti si sono evoluti nel corso di milioni di anni, producendo energia dagli zuccheri ed espellendo alcol e anidride carbonica”, spiega Paul Freemont dell’Imperial College di Londra, che guida il gruppo britannico. “Gli esseri umani hanno adattato questi organismi a loro vantaggio, utilizzando i loro sottoprodotti per produrre bevande alcoliche e lieviti per i prodotti da forno. Ora abbiamo l’opportunità di adattare ulteriormente i lieviti, trasformandoli in veicoli per realizzare i prodotti complessi di cui necessitiamo per la vita moderna”.

Non solo: “Il lievito è un modello che si usa per studiare il cancro. Possiede l’architettura e alcuni dei sistemi regolativi di codifica che abbiamo anche noi. Pertanto si tratta di un enorme salto in avanti perché questi sono singoli cromosomi che hanno la capacità di imitare i cromosomi delle nostre stesse cellule”. Il governo inglese ha annunciato un investimento di 60 milioni di sterline nella biologia sintetica nei prossimi anni, tra cui 10 milioni per la realizzazione di un centro per la produzione di spin-off industriali della ricerca. “La biologia sintetica ha un enorme potenziale”, ha dichiarato il ministro per la ricerca scientifica e l’università David Willetts. “Il Regno Unito può essere il capofila mondiale in questo settore emergente”.

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