Così venivano drogati i bambini Inca destinati ai sacrifici umani
I primi a narrare di quei sacrifici cruenti, in cui le vittime venivano scelte tra i più bei giovani delle comunità, furono i missionari spagnoli che descrissero nei loro resoconti le orrende caratteristiche di quelle pratiche: solo negli anni più recenti, tuttavia, l'archeologia è intervenuta finalmente per integrare le informazioni redatte da quegli europei che tra i primi incontrarono – e si scontrarono – con l'incomprensibile "mondo nuovo" che da millenni viveva dall'altro lato dell'Oceano. I ritrovamenti di alcuni resti ottimamente conservati, come nel caso delle mummie di Llullaillaco, stanno aiutando a far luce su una pagina della storia rimasta troppo a lungo silenziosa ma che, probabilmente anche in virtù del "mistero" che sembra aleggiarle attorno, ha affascinato ed interessato i più.
Il Capacocha, questo il nome con cui venivano indicati i sacrifici umani presso le popolazioni Inca, prevedeva un rituale lungo e complesso, con tanto di delicata fase preparatoria in cui i giovani corpi, e le giovani anime, venivano resi pronti al proprio drammatico destino finale: nell'ambito di tale rituale era uso, infatti, somministrare ai fanciulli in attesa sostanze alcoliche e stupefacenti che, oltre a rendere le vittime più mansuete e plasmabili, avevano assai probabilmente il potere di alterarne la percezione della realtà, predisponendole al meglio al "contatto" con il mondo ultraterreno. Un recente studio coordinato da Andrew Wilson, archeologo dell'università britannica di Bradford, è riuscito a ricostruire alcuni dettagli relativi alle ultime giornate vissute da tre giovanissimi le cui esistenze furono offerte "in dono" alle divinità: i risultati del lavoro, che ha visto la collaborazione dei ricercatori del laboratorio di medicina forense dell'Università di Copenaghen e dell'Università cattolica di Salta, in Argentina, sono stati pubblicati in un articolo della rivista scientifica PNAS.
I resti esaminati dagli studiosi erano quelli delle mummie di Llullaillaco: una fanciulla di circa 13 anni soprannominata La doncella (nell'immagine principale, esposta presso l'High Mountain Archeological Museum di Salta dove è conservata) e due bambini, un maschietto e una femminuccia, di 4 o 5 anni. Rinvenuti nel 1999 sulla sommità del vulcano Llullaillaco, una delle cime più alte delle Ande, ad un'altitudine di oltre 6.700 metri, i corpi dei tre si erano preservati in condizioni pressoché perfette, complici le temperature bassissime di quel luogo spettacolare che fece loro da tomba: «sembrava dormissero» quando furono scoperti nel sepolcro. I tre bambini furono le vittime immolate all'altare delle divinità all'incirca 500 anni fa, all'epoca in cui era ancora fiorente e forte l'impero Inca, il più vasto di età precolombiana, che sarebbe andato incontro al suo collasso definitivo con l'arrivo degli spagnoli.
In particolare i capelli de La doncella accuratamente intrecciati (tra i quali ne sono stati individuati anche alcuni bianchi, forse il frutto dello stress emotivo precedente la drammatica fine della giovane) sono stati in grado di fornire una gran quantità di informazioni agli studiosi. Le indagini biochimiche hanno confermato scientificamente quello che da tempo era noto agli esperti: durante i mesi che precedevano il sacrificio, le vittime designate assumevano quantità progressivamente crescenti di droga, attraverso la masticazione delle foglie di coca, e di alcol, probabilmente dalla Chicha, la bevanda derivata dalla fermentazione del mais. I risultati hanno evidenziato come la bambina avesse consumato tre volte più droga ed alcol rispetto agli altri due bambini e come le dosi di alcol ingerito nelle ultime settimane di vita fossero altissime. In generale, nel corso dell'intero anno precedente la sua morte, assunse sistematicamente queste sostanze: è assai probabile che i giovani scelti venissero obbligati a far ciò con l'obiettivo finale di una elevazione spirituale che li avrebbe avvicinati il più possibile all'ideale di vittima da immolare. Un vero e proprio percorso iniziatico testimoniato da altri mutamenti avvenuti nel medesimo arco di tempo e ravvisabili sempre grazie agli esami sui capelli: la fanciulla passò repentinamente da una dieta basata principalmente sulle patate ad un'alimentazione che prevedeva abbondanti quantità di carne e granoturco; nello stesso periodo cambiò anche la pettinatura.
Ma, dopo la preparazione, come vennero sacrificati i due bambini e l'adolescente? La combinazione dei dati ottenuti grazie alle analisi biochimiche con quelli radiologici e archeologici ha permesso agli studiosi di ricostruire il quadro del cruento sacrificio: i tre, ormai sedati e storditi, vennero fatti sedere in tre nicchie naturali sulla cima del vulcano e lì lasciati a morire. Gli esperti ipotizzano che le abbondanti quantità di alcol e droga, assieme al freddo intenso, abbiano fatto in modo che i giovani trapassassero abbastanza quietamente. Sulla fanciulla, in particolare, non è stato riscontrato alcun segno di violenza bensì le condizioni tipiche di un trattamento accuratissimo: i suoi vestiti erano ricchi e sontuosi, i capelli ben pettinati, sul suo corpo lo strato di grasso confermava l'alimentazione soddisfacente degli ultimi anni vissuti; accanto a lei, oggetti di vario tipo come statue e contenitori per acqua.
La doncella era stata scelta forse perché particolarmente attraente o dotata di qualche dettaglio che la rendeva eccezionale: Emma Brown, archeologa che ha partecipato allo studio, ha infatti spiegato che, secondo le cronache spagnole, erano questi i parametri a cui si ricorreva per la selezione; il brusco mutamento nelle abitudini alimentari confermerebbe il cambiamento sociale seguito. Dagli stessi resoconti si evincerebbe come esistessero nella società Inca delle figure preposte proprio al reclutamento di quelle che sarebbero divenute le giovani vittime sacrificate. I ricercatori ritengono che il trattamento differente riservato ai tre, in termini di allucinogeni ed alcolici somministrati, fosse non soltanto commisurato all'età, ma anche conseguenza di diversi status sociali e, soprattutto, della gerarchia dei ruoli rituali all'interno di un sacrificio crudele che sottostava a regole e cerimoniali rigidissimi: presumibilmente la doncella, nella sua triste fine, vestiva gli abiti di una privilegiata.