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Cos’è la Sindrome del bambino scosso e quali sono i rischi: “I bambini non sono di gomma”

Abbiamo intervisato il dottor Antonino Reale, responsabile di pediatria dell’emergenza dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, per farci spiegare cos’è e cosa comporta la Sindrome del bambino scosso, una delle più gravi forme di maltrattamento verso neonati e lattanti. Potenzialmente fatale, è recentemente balzata agli onori della cronaca per il drammatico caso del piccolo di 5 mesi ricoverato in condizioni disperate all’Ospedale di Padova, “cullato troppo forte” dalla madre.
A cura di Andrea Centini
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Un bambino che piange. Credit: StockSnap
Un bambino che piange. Credit: StockSnap

La Sindrome del bambino scosso o Shaken baby syndrome, come suggerisce il nome stesso, si palesa con una serie di segni e sintomi dovuti al violento scuotimento del piccolo. Si tratta in pratica del risultato di una gravissima forma di maltrattamento – volontaria o legata all'ignoranza – nella maggior parte dei casi operata da un genitore. Può determinare lesioni cerebrali estremamente serie, fino al coma e alla morte del bambino. La sindrome è recentemente balzata agli onori della cronaca per il caso del bimbo di 5 mesi ricoverato nel reparto di terapia intensiva pediatrica dell'Ospedale di Padova, dove è finito dopo essere stato “cullato troppo forte” dalla madre poiché non voleva dormire. Il pianto continuo rappresenta spesso una delle principali "micce" che innescano il comportamento aggressivo di uno dei genitori. Per comprendere meglio la natura e le conseguenze della sindrome abbiamo intervistato il dottor Antonino Reale, responsabile di Pediatria dell'emergenza presso l'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma. Ecco cosa ci ha raccontato.

Dottor Reale, ci spieghi cos'è la Sindrome del bambino scosso

È una delle più gravi forme di maltrattamento nei minori, soprattutto nei piccolissimi. È dovuta al violento scuotimento e generalmente si verifica entro i due, tre anni, ma in particolar modo nei primi sei mesi di vita. Questo può avvenire per volontà lesiva da parte del genitore o del tutore, altre volte per totale non conoscenza del rischio cui si espone un bambino quando viene scosso. Accade soprattutto quando i bambini piangono molto, quando sono ex prematuri, affetti da coliche, da pianto continuativo. Per cui alcune volte il gesto viene fatto in maniera volontaria, e dunque si tratta di un vero e proprio danno provocato dai genitori, altre volte si tratta di ignoranza.

Ci sono dei fattori di rischio?

In alcuni casi ci sono dei fattori famigliari predisponenti. Uno su tutti la tossicodipendenza, ma anche l'alcolismo, l'ignoranza, basse condizioni socioeconomiche, madri molto giovani, ragazze madri. Ci possono essere delle condizioni di disagio per cui un bambino che piange per venti ore al giorno può essere scosso in maniera volontaria (o meno) se i genitori sono predisposti. Ciò può provocare anche lesioni irreversibili. Ci sono fattori di rischio che conosciamo molto bene da tanti anni.

Quali sono i danni caratteristici della Sindrome del bambino scosso?

I danni che si possono provocare sono tantissimi. Ci sono danni immediati, che possono verificarsi subito perché lo scuotimento può determinare lesioni cerebrali, lesioni ai vasi cerebrali con micro emorragie e talvolta emorragie anche vaste. Possono verificarsi anche danni neuronali propri del sistema nervoso. In questi casi, essendo il danno immediato, il bambino viene portato al pronto soccorso da genitori inconsapevoli se sono in buona fede, oppure perché temono il peggio come denunce e simili. Quando il bambino è poco reattivo, non si sveglia etc etc è più facile fare la diagnosi perché si sottopone a tac o a risonanza e si ottengono delle immagini che possono dare già la visibilità dei danni. Uno dei segni specifici della Shaken baby syndrome sono le emorragie retiniche. A causa dello scuotimento possono determinarsi emorragie della retina e distacchi, quindi una visita oculistica può evidenziare questi danni. Ma questa è la punta dell'iceberg. Il grosso problema della Shaken baby syndrome è che sembra ci siano molti più casi di quelli conosciuti, perché non sempre le lesioni sono così gravi. Per cui alcuni bambini che non vengono portati al pronto soccorso e che manifestano nei mesi – o addirittura negli anni – successivi dei disturbi sono vittime di Shaken baby syndrome. Ma è molto difficile dimostrare l'origine del danno, il rapporto di causa-effetto. Le risonanze, che sono l'esame più sensibile, possono mostrare a distanza di mesi o anni delle micro lesioni, che possono portare a dei ritardi nelle acquisizioni motorie e nelle acquisizioni psichiche, a tutta una serie di difficoltà nell'apprendimento. Ma è molto difficile fare una risonanza a un bambino che va male a scuola in prima elementare e pensare che sia stato scosso quando aveva un mese. Nella sindrome del bambino scosso si va dunque dalle lesioni più gravi, che possono portare al decesso o a danni cerebrali permanenti, a micro lesioni e danni assonali – cioè cellulari – che non si vedono subito ma che nel tempo possono dar luogo a disturbi dell'apprendimento o motori. Danni minimi che comunque non vanno sottovalutati. Si tratta di uno spettro molto, molto ampio.

Cosa si può fare per contrastare questa grave forma di maltrattamento?

La prevenzione è molto importante, come sempre, perché se si esclude la parte riabilitativa neurologica, una volta che il danno emorragico cerebrale c'è purtroppo il danno è fatto. Prevenzione vuol dire innanzitutto sapere che un piccolino è molto delicato. I genitori che pensano di poterlo scuotere devono saperlo. Intendiamoci, non è facendolo trotterellare sulle gambe o saltellare che succedono questi danni, deve essere scosso violentemente. Il capo è molto più grande del tronco e il piccolo non ha muscolatura del collo, quindi quando viene scosso c'è una violenta accelerazione avanti e indietro che determina le lesioni. I genitori devono sapere che l'encefalo del piccolino ha una consistenza gelatinosa ed è avvolto da liquido, è delicatissimo. Molto spesso si dice “i bambini sono fatti di gomma”, ma non c'è niente di più falso. I genitori devono essere a conoscenza di questi rischi, soprattutto quando si tratta del primo figlio. Devono sapere che non è un bambolotto di pezza. E poi devono essere aiutati dal pediatra di famiglia ad accettare che un piccolino possa avere le coliche, che possa piangere. Ricordiamoci che il pianto è la forma di espressione dei bambini. Piangono perché hanno fame, perché hanno freddo, perché hanno caldo, perché hanno il sederino bagnato, perché hanno le coliche. Per mille motivi. Quindi i genitori, e in particolar modo quelli più fragili, devono essere assolutamente aiutati a diventare tali. Nessuno nasce col libretto delle istruzioni. È molto importante che il pediatra di famiglia faccia capire cosa sono le coliche e cosa comportano. Un bambino sano piange in media quattro ore al giorno. Se entriamo nell'ordine delle idee di accettare questa cosa va tutto bene, ma quando il bambino piange per mezz'ora consecutiva e non la smette, il genitore che si innervosisce e non lo accetta più diventa davvero pericoloso verso il piccolo.

Quanti casi di Sindrome del bambino scosso le capitano ogni anno?

Di diagnosi certe, quelle di cui siamo sicuri che c'è un danno con volontà lesiva da parte del genitore, noi ne vediamo poche all'anno. Stiamo parlando di quante se ne contano sulle dita di una mano. Tre, quattro, cinque, per intenderci. Ma probabilmente i casi sono molti, molti di più. Spesso i genitori vengono in ospedale raccontando altre storie. Il bambino è caduto dal fasciatoio, il bambino è caduto dal divano, dal porta infanti, dallo zainetto etc etc. Dunque bisogna fare molti studi perché siamo solo all'inizio nella comprensione delle dinamiche di questa forma di maltrattamento, che risulta una delle peggiori in assoluto. Negli Stati Uniti c'è una task force sulla Shaken baby syndrome per provare a far emergere tutte le situazioni di grave disagio in cui il piccolino non viene accettato nelle sue espressioni normali con il pianto. C'è ancora molto da studiare.

Quando i medici avvertono una situazione di rischio che approccio viene seguito?

Noi come Bambin Gesù, e come credo la maggior parte degli ospedali, abbiamo un protocollo per la prevenzione del maltrattamento e dell'abuso. Sostanzialmente tutti i bambini che accedono all'ospedale, che sono circa un milione e mezzo, fra cui 90mila del pronto soccorso più quelli degli ambulatori, sono sottoposti a un protocollo per il quale quando il medico di riferimento identifica dei fattori di rischio deve fare una segnalazione. Come gli ematomi a uno stadio diverso, recenti e più vecchi, le fratture non compatibili con quanto raccontato etc etc. Quando ci sono delle storie incoerenti, delle lesioni che non sono compatibili col racconto dei genitori abbiamo innanzitutto un obbligo di legge che è il referto all'autorità giudiziaria; è un reato penale se non viene compilato dal medico o dall'infermiere quando c'è un sospetto di abuso. E poi è possibile identificare delle forme di maltrattamento che possono essere solo iniziali ma che andando avanti nel tempo, perpetuandosi, possono diventare gravissime. Quindi è meglio intercettarle subito. Non dico al primo schiaffo, ma poco di più. Perché non sappiamo cosa può succedere. Ci sono anche delle “lesioni sentinella”, come ad esempio la bruciatura di una sigaretta, col ferro da stiro, col tè bollente etc etc, sono cose che possono capitare, che però vanno verificate. A noi di incidenti domestici ne capitano due o tre al giorno, ma si capisce quando ci sono situazioni a rischio. Ad esempio con un solo genitore a casa, alle 4 di mattina, quando non ci sono testimoni. Se c'è qualche incoerenza nella storia allora dobbiamo indagarla. Noi ovviamente non facciamo i poliziotti. Ci limitiamo a fare la segnalazione all'autorità giudiziaria e poi saranno loro a verificare se ci sono indicazioni per prendere dei provvedimenti o meno.

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