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Cos’è e come si forma il mare di latte, lo spettacolare fenomeno di bioluminescenza

Dall’inizio del XX secolo sono stati documentati circa 250 casi di “mare di latte”, uno spettacolare fenomeno oceanico in cui la superficie si tinge di blu a causa di batteri bioluminescenti. Grazie a nuove indagini satellitari, che hanno identificato 12 eventi negli ultimi 10 anni, gli scienziati hanno determinato che i mari di latte possono estendersi per oltre 100mila chilometri quadrati e durare per settimane. Sono inoltre legati a specifiche condizioni di temperatura e biomassa.
A cura di Andrea Centini
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Il mare di latte. Credit: 𐒁𐒙𐒎𐒙𐒇/Twitter
Il mare di latte. Credit: 𐒁𐒙𐒎𐒙𐒇/Twitter

Tra i fenomeni più affascinanti che possono manifestarsi nell'oceano vi sono quelli legati alla bioluminescenza, ovvero l'emissione di luce da parte di organismi – più o meno complessi – che sono in grado di trasformare l'energia chimica in energia luminosa. Essi possono coinvolgere singoli individui, come alcuni pesci abissali che sfruttano la bioluminescenza per catturare le prede, oppure abbracciare enormi colonie di microorganismi in grado di illuminare ampi tratti di mare. È il caso del raro fenomeno chiamato “mare di latte” (o mare lattiginoso), in cui migliaia di chilometri quadrati vengono letteralmente illuminati di blu grazie all'energia chimica prodotta da minuscoli batteri. Chi ha avuto la fortuna di ammirarlo descrive la superficie marina come un immenso nevaio o un tappeto di nuvole illuminato a giorno, che si estende fino all'orizzonte.

Il fenomeno, osservato dai navigatori e raccontato anche in famosi romanzi, si verifica principalmente in alcune specifiche zone dell'Oceano Indiano nordoccidentale (al largo del Corno d'Africa e nelle acque che circondano l'Indonesia) ed è stato documentato circa 250 volte nell'ultimo secolo. Solo a metà degli anni '80 una nave da ricerca attraversò per la prima volta uno di questi mari di latte (nel Mar Arabico) e raccolse campioni, dalle cui analisi si determinò che il fenomeno era stato provocato da un batterio bioluminescente gram-negativo chiamato Vibrio harveyi. In realtà i principali mari di latte sono provocati dal dinoflagellato Noctiluca scintillans – di colore rosso o verde – che è diffuso in tutto il mondo. A dimostrarlo recenti studi condotti da scienziati del National Institute of Oceanography e del Kerala Fisheries Department che hanno effettuato prelievi proprio nell'Oceano Indiano.

Nonostante le informazioni raccolte, si sa ancora molto poco sui processi legati alla generazione di questo fenomeno, che può durare anche diverse notti prima di sparire. Oggi, grazie al sensibilissimo sensore “Day/Night Band” installato sui satelliti Suomi NPP e NOAA-20, progettato per catturare flebili quantità di luce nell'oscurità (come quella prodotta da un incendio), è possibile raccogliere le immagini dei mari di latte anche dallo spazio. Attraverso questo sistema gli scienziati hanno identificato e studiato 12 fenomeni, verificatisi tra il 2012 e il 2021. Come specificato in un comunicato stampa dal professor Steve Miller, direttore del CIRA e docente presso l'Università Statale del Colorado, si tratta di fenomeni sfuggenti che possono essere facilmente mascherati dalla debole luce lunare o quella dell'atmosfera che si riflette sulle nuvole, quindi hanno progettato dei filtri per estrapolare i dati dei mari di latte e isolare eventuali contaminazioni. Combinando queste informazioni con quelle di temperatura, presenza di biomassa superficiale e correnti marine sono divenute più chiare le caratteristiche dei mari di latte.

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“I mari di latte sono semplicemente espressioni meravigliose della nostra biosfera il cui significato in natura non è stato ancora studiato a fondo”, ha dichiarato il professor Miller. “Il loro stesso essere racconta una storia improbabile e avvincente che lega la superficie ai cieli, il microscopico alla scala globale e l'esperienza umana e la tecnologia attraverso i secoli; dalle navi mercantili del XVIII secolo alle astronavi dei giorni nostri. La Day/Night Band ha aperto un altro percorso verso la scoperta scientifica”, ha affermato l'esperto. Agli occhi dei marinai il bagliore dei mari di latte appare bianco perché i bastoncelli deputati alla visione notturna non sono in grado di distinguere i colori di notte, tuttavia, come indicato, la luce emessa dai batteri è blu. Anche i sensori monocromatici presenti in alcuni satelliti li mostrano in bianco.

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Attraverso le indagini con la Day/Night Band, Miller e colleghi hanno determinato che i mari di latte possono superare i 100.000 chilometri quadrati di dimensioni, possono persistere per giorni o settimane, vanno alla deriva a causa delle correnti superficiali e sono legati a specifiche condizioni di temperatura e biomassa. I dettagli della ricerca “Honing in on bioluminescent milky seas from space” sono stati pubblicati sulla rivista Scientific Reports del circuito Nature.

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