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WWF: “Survival non ha collaborato, solo accuse strumentali”

L’organizzazione per i popoli indigeni ha accusato duramente il WWF, creando stupore e disappunto in tutti i sostenitori del “panda” (e non solo).
A cura di Nadia Vitali
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Repubblica Centro Africana, ai confini con il Camerun, Isabella Pratesi con alcuni rappresentanti delle popolazioni Baka © Laura Berti/WWF
Repubblica Centro Africana, ai confini con il Camerun, Isabella Pratesi con alcuni rappresentanti delle popolazioni Baka © Laura Berti/WWF

Da qualche giorno c’è un poco lusinghiero scambio tra due grandi organizzazioni che, in modi diversi, si occupano di tutela dell’ambiente e del territorio. Protagonisti della vicenda sono due nomi di primissimo piano: da una parte Survival, che si occupa dei diritti dei popoli indigeni, in qualità di accusatore; dall'altro c’è il WWF, che non ha bisogno di presentazioni, con il ruolo di accusato.

Che succede tra i Baka del Camerun?

Andiamo con ordine. Il 6 ottobre Survival pubblica un comunicato nel quale riassume in che drammatica condizione versano i “pigmei” Baka del Camerun sudorientale, popolazione autoctona che da sempre ha fatto affidamento sulla caccia per il proprio sostentamento, puntando il dito senza mezze misure contro il WWF. Il territorio in cui dimorano gli indigeni, infatti, è da tempo monitorato con attenzione dall'organizzazione per la conservazione della natura a causa dei gravi problemi legati alla caccia di frodo. Sia ben chiaro che, quando si parla di questi “cacciatori” siamo ben distanti dall'attività venatoria tradizionale praticata da secoli da popolazioni come quella dei Baka: qui si tratta di bracconieri bene organizzati in gruppi armati che si addentrano nelle foreste per fare stragi di animali come elefanti o gorilla. Il tutto va ad alimentare un traffico illegale (d’avorio e corni come di legno tagliato illegalmente, ad esempio) che muove un’economia sommersa stimata attorno ai 213 miliardi di dollari.

Secondo l’accusa di Survival, nella zona sarebbe in atto da tempo un allontanamento dalle terre ancestrali dei Baka in nome della “conservazione”, poiché buona parte del loro territorio è stato convertito in “area protetta”: questo abuso sarebbe stato accompagnato da vere e proprie persecuzioni da parte di squadre anti-bracconaggio finanziate dal WWF che starebbero ledendo il fondamentale diritto dei Baka a cacciare per procurare il nutrimento alle proprie famiglie. Si legge tra le altre cose che, nell'esercizio della propria attività, le guardie avrebbero usato violenza ripetutamente sugli indigeni, costringendoli anche in alcuni casi a fuggire in Congo, per sottrarsi alle percosse e alle uccisioni di questi presunti “tutori della natura”.

Ora, poiché al Panda ci crediamo, ma al contempo ci terremmo a vederci chiaro, noi di Fanpage.it abbiamo raggiunto Isabella Pratesi, direttore del programma per la Conservazione per WWF Italia per vedere cosa aveva da dirci in merito alla questione.

I Baka stretti tra le guardie e i bracconieri

Per comprendere al meglio il delicato problema è necessaria una premessa. Capita – è il caso dei Baka ma non solo – che le bande armate di bracconieri assoldino proprio le popolazioni locali, poiché queste conoscono meglio il territorio, le sue risorse, i suoi animali: in modi più o meno ingannevoli, spiega Pratesi, essi finiscono per aiutare i bracconieri. I "pigmei", «persone lontane da questi meccanismi criminali, che spesso vengono raggirate ed ingannate in modi anche molto semplici e crudeli», possono quindi venire a trovarsi, in circostanze del genere, tra i criminali e le guardie dei parchi o, in generale, il personale di controllo delle aree: una situazione che, purtroppo, finisce per verificarsi in Camerun come altrove. In questo quadro generale, non è assolutamente da escludere che si verifichino atti di violenza contro gli indigeni e i rappresentanti delle loro comunità: il WWF non lo nega.

È chiaro che una cosa del genere non deve assolutamente succedere e se succede deve essere denunciata perché nessuna guardia, che sia di un’organizzazione no profit o che venga pagata come nel caso denunciato da Survival dal governo camerunese, può permettersi di alzare anche solo un dito contro delle comunità che hanno, invece, tutto il diritto di stare in quei territori. La cosa che a noi sembra brutta e strumentale, che sta avvenendo in questi giorni, è che Survival accusi proprio il WWF che è l’unica organizzazione – poiché Survival non c’è – che sta in quei territori, in quelle foreste, accanto ai Baka, cercando di aiutarli nella difesa dei propri diritti e delle proprie risorse. Quindi accostare la presenza del WWF in alcune zone al fatto che nelle medesime zone ci sono le guardie delle aree protette che esercitano un’attività illecita nei riguardi delle comunità indigene è un’azione estremamente negativa e che non serve né a Survival né alle comunità locali per ottenere quello che invece giustamente dovrebbero ottenere, ossia che i gruppi armati abbandonino le foreste, che i loro diritti di utilizzo sostenibile delle foreste vengano riconosciuti e che non ci sia una sola persona che possa alzare un dito contro di loro.

Una denuncia che non c'è

Del resto, quando il WWF si è trovato ad essere testimone di episodi del genere, continua Pratesi, ha immediatamente provveduto a sporgere denuncia e a fare in modo che ciò non si ripetesse, per quanto possibile. Denuncia che, a quanto pare, nonostante l’annuncio di Survival al riguardo, non è mai stata presentata al tribunale del diritti umani camerunese: il WWF si è infatti rivolto all'organo competente per saperne di più scoprendo come, di fatto, nessun atto fosse stato depositato. «Se noi avessimo avuto da Survival una specifica sui fatti, sul quando, sul chi e sul come, saremmo potuti intervenire per capire se c'erano davvero delle responsabilità da attribuire a qualcuno che noi conosciamo. Ma hanno tenuto segreta l'intera vicenda, non hanno permesso di attingere alla fonte delle loro informazioni e quando ci siamo rivolti alle istituzioni che dovevano sapere di questi fatti non ne sapevano niente». Quindi il WWF si ritrova a chiedersi se ha a che fare con una denuncia strumentale finalizzata ad ottenere un po' di pubblicità; o, quanto meno, di una campagna mediatica che ha sbagliato di molto il proprio bersaglio. Del resto WWF e Survival condividono molti temi ed obiettivi, primo tra tutti quello della salvaguardia del territorio, anche restituendo alle piccole comunità locali i propri legittimi diritti.

L'importanza degli indigeni per i programmi del WWF

Poiché una parte dei fondi del WWF va chiaramente ai programmi di protezione dell'ambiente del Camerun e passa attraverso il governo affinché questo si occupi di migliorare la tutela delle aree protette, il primo obiettivo dell'organizzazione è quello che tali soldi vengano impiegati per questo specifico scopo. Quindi è ragionevole ipotizzare che, qualora l'organizzazione fosse venuta a conoscenza di episodi del genere, sarebbe stata la prima a chiedere chiarimenti al Governo: non soltanto per garantire la propria immagine ma soprattutto per mantenere saldo il legame con le popolazioni locali.

Fondamentalmente noi riusciamo a lavorare in quei territori, in quei progetti, alla difesa dei sistemi naturali soltanto perché abbiamo le comunità indigene dalla nostra parte. Se iniziassimo ad esser visti non come alleati ma come nemici allora il nostro lavoro sarebbe finito perché tutto quello che facciamo lo facciamo con loro. Soprattutto i Pigmei sono cruciali per la conservazione degli ambienti forestali perché conoscono esattamente tutto della foresta, conoscono l'uso intelligente e sostenibile di tutto le risorse naturali, sono il nostro primo alleato. E quando da queste foreste scompaiono le comunità indigene, la foresta è persa, perché loro sono le prime sentinelle del'ambiente.

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