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Cosa sappiamo dell’epidemia di ebola scoppiata in Guinea

Almeno tre persone sono morte e altre quattro sono risultate positive al virus dopo aver partecipato alla sepoltura di una donna: si tratta dei primi decessi registrati nello stato dell’Africa occidentale dalla fine della grave epidemia che tra il 2013 e il 2016 causò oltre 11mila morti, partendo proprio dalla Guinea.
A cura di Valeria Aiello
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In Guinea si teme per un nuovo focolaio di ebola nella regione Sud-orientale del Paese, vicino alla città di Nzérékoré. Le autorità sanitarie locali hanno dichiarato ufficialmente lo scoppio di una nuova epidemia dopo che tre persone sono morte e altre quattro sono risultate positive al virus in seguito alla sepoltura di una donna avvenuta nella sottoprefettura di Goueke. Una notizia che fa seguito all’identificazione di altri due nuovi casi nella Repubblica Democratica del Congo per cui sono attualmente in corso le indagini sanitarie.

La nuova epidemia di ebola in Guinea

Le morti segnalate in Guinea sono i primi decessi registrati nello stato dell’Africa occidentale dalla fine della grave epidemia che tra il 2013 e il 2016 causò oltre 11mila morti, partendo proprio dalla Guinea. Tuttavia, non è ancora stato chiarito se anche la persona sepolta lo scorso 1° febbraio sia morta di ebola. Era un’infermiera di un centro sanitario locale, deceduta per malattia non specificata dopo essere stata trasferite per cure a Nzérékoré, capoluogo dell’omonima regione al confine con Liberia, Sierra Leone e Costa d’Avorio.

Secondo quanto riportato dalle autorità sanitarie, sette persone hanno mostrato i sintomi della malattia (diarrea, vomito e sanguinamento) dopo aver partecipato alla sepoltura e i quattro sopravvissuti sono stati isolati in centri di cura. “In considerazione della situazione e in conformità con le normative sanitarie internazionali, il governo della Guinea dichiara un’epidemia di ebola” si legge in un comunicato del Ministero della Sanità.

Nella regione sono stati inoltre ordinati ulteriori test per determinare la diffusione del virus nei villaggi di origine di tutti coloro che hanno preso parte della sepoltura, con gli operatori sanitari al lavoro per rintracciare e isolare i contatti dei casi accertati. Le autorità hanno anche già richiesto all’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS) di iniziare immediatamente la somministrazione del vaccino contro l’ebola.

È una grande preoccupazione vedere la recrudescenza di ebola in Guinea, un Paese che ha già sofferto così tanto per la malattia” ha affermato in una dichiarazione il direttore regionale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità per l’Africa, la dottoressa Matshidiso Moeti che su Twitter ha informato che l’Agenzia delle Nazioni Unite “sta intensificando la prontezza e gli sforzi di risposta a questa potenziale recrudescenza di ebola nell’Africa occidentale”.  Data la vicinanza del nuovo focolaio al confine, l'OMS sta lavorando con le autorità sanitarie in Liberia e Sierra Leone per rafforzare la sorveglianza e le capacità di test, si legge nella nota.

La sovrapposizione con la pandemia di Covid

Le autorità temono che il contrasto dell’epidemia di ebola, in piena pandemia di Covid, eserciterà un’ulteriore pressione sul sistema sanitario della Guinea. Il virus che causa la malattia ha un tasso di letalità molto più alto di Covid-19 ma, a differenza del coronavirus, per cui il Paese ha già registrato quasi 15mila contagi, l’infezione non resta asintomatica e non si diffonde per via aerea, sebbene sia stato dimostrato che le goccioline di saliva più grandi possono essere potenzialmente infettive se respirate.

La trasmissione tra persone avviene principalmente per contatto diretto con il sangue o altri fluidi corporei di una persona infetta o indirettamente attraverso il contatto con oggetti contaminati. Le pratiche di sepoltura locali, in cui le persone aiutano a lavare il corpo dei deceduti, rappresentano una delle principali vie contagio nelle prime fasi di un’epidemia e, oltre a ciò, recenti evidenze scientifiche indicano che in coloro che sopravvivono alla malattia, il patogeno può persistere nello sperma per diverse settimane e fino a un anno dalla guarigione clinica.

La rapida insorgenza dei sintomi (2-8 giorni dall’infezione) rende comunque più facile l’identificazione delle persone malate e limita la capacità di una persona di diffondere la malattia. I primi segni clinici dell’infezione sono caratterizzati da uno stadio simil-influenzale (affaticamento, febbre, cefalea…) e possono essere confusi con quelli di esordio della malaria, della febbre dengue e altre febbri tropicali, prima che la malattia progredisca fino alla fase di sanguinamento che inizia in genere da 5 a 7 giorni dopo l’esordio dei primi sintomi. L’intervallo tra l’insorgenza dei sintomi e la morte è generalmente compreso tra 1-2 settimane ma i più recenti trattamenti antivirali e il nuovo vaccino hanno notevolmente migliorato i tassi di sopravvivenza negli ultimi anni.

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