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Covid 19

Cosa dice il genoma del coronavirus sulla sua origine

L’origine del coronavirus SARS-CoV-2 non è stata ancora determinata e, sebbene l’OMS ritenga “estremamente improbabile” la fuga da un laboratorio, restano ancora molti dubbi, soprattutto per l’amministrazione americana. Per gli scienziati il segreto di questo mistero potrebbe essere scritto nelle sequenze genetiche del patogeno pandemico.
A cura di Andrea Centini
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Uno dei grandi misteri della pandemia di COVID-19 è l'origine del patogeno che l'ha provocata, il coronavirus SARS-CoV-2. Sebbene diversi studi abbiamo confermato a più riprese l'origine naturale sulla base della struttura del virus, del tutto paragonabile a quella di tanti altri coronavirus circolanti nei pipistrelli, le indagini condotte dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) non hanno portato a una risposta chiara e definitiva, pur ritenendo “estremamente improbabile” l'origine artificiale. L'ipotesi della creazione/fuga da un laboratorio di biosicurezza cinese resta comunque ancora saldamente sul tavolo, continuando a raccogliere sempre più consensi soprattutto tra l'amministrazione americana. "Esiste certamente la possibilità che la pandemia sia iniziata a causa di un incidente di laboratorio", aveva dichiarato in un'audizione al Senato americano l'epidemiologo di fama internazionale Anthony Fauci, a capo della task force anti Covid della Casa Bianca.

Non è un caso che proprio il neo presidente Joe Biden, col supporto dell'Unione Europea, si stia apprestando a chiedere ufficialmente in seno al G7 (in corso di svolgimento in Cornovaglia) una nuova e approfondita indagine all'OMS, che stavolta faccia definitivamente luce sulla questione. “È della massima importanza sapere qual è l'origine del coronavirus SARS-CoV-2”, ha dichiarato la presidente della Commissione Europea Ursula von Leyen. “Serve piena trasparenza, per imparare la lezione. Sosteniamo tutti gli sforzi tesi a fare chiarezza: il mondo ha diritto di sapere esattamente che cosa è successo. Sosterremo certamente tutti gli sforzi per avere trasparenza”, le ha ha fatto eco il presidente del Consiglio Europeo Charles Michel.

Gli scienziati stanno indagando a fondo sulla struttura delle sequenze genetiche del patogeno sin dall'inizio della pandemia; è proprio in questi dettagli che potrebbe celarsi la risposta a questo enigma. Secondo gli esperti, del resto, vi sono caratteristiche che fanno propendere per l'una o per l'altra ipotesi. Come spiegato all'ANSA dal professor Gianguglielmo Zehender, docente di Igiene presso l'Università Statale di Milano, determinare l'esatta origine del SARS-CoV-2 è una sfida: “Al momento non ci sono elementi sufficienti per sostenere l'ipotesi dell'origine naturale, come non ce ne sono per sostenere l'ipotesi della fuga da un laboratorio”, ha affermato l'esperto, aggiungendo che siamo innanzi a un qualcosa di mai visto, col patogeno che si sta adattando al suo ospite sotto gli occhi di tutto il mondo.

Il fatto che il coronavirus SARS-CoV-2 abbia una somiglianza genetica notevole con altri coronavirus circolanti nei pipistrelli (pari a ben il 96,2 percento nel caso del RaTG13) e ad altri che hanno causato malattie nell'uomo, come quelli responsabili di SARS e MERS, fa propendere gli esperti per l'origine naturale, attraverso il cosiddetto spillover. Il problema è che in questo caso, a un anno e mezzo dallo scoppio della pandemia, non si è ancora trovato il serbatoio intermedio, l'ospite animale che avrebbe permesso il salto di specie. Per la SARS fu lo zibetto e per la MERS il dromedario, mentre per il virus responsabile della COVID-19 si è pensato soprattutto al pangolino, senza tuttavia trovare conferme definitive. Il professor Zehender sottolinea comunque che per molte malattie infettive non è stata trovata la specie intermedia tra uomo e pipistrello, pertanto tale mancanza non è sufficiente.

Come indicato, una risposta potrebbe trovarsi nei meandri delle sequenze genetiche del SARS-CoV-2. Le analisi di alcuni amminoacidi non fanno propendere né per l'origine naturale né per quella artificiale, tuttavia una particolare caratteristica della proteina S o Spike (il “grimaldello biologico” usato dal patogeno per agganciarsi alle cellule umane) potrebbe indicare la manipolazione umana della struttura: si tratta di un sito di legame sulla proteina che viene attivato da un enzima umano (la furina) e che non è presente su altri coronavirus. Ciò nonostante, spiega all'ANSA il professor Zehender, il virus sta mutando continuamente proprio a livello del sito di legame del recettore, pertanto questo adattamento potrebbe essere frutto dell'adattamento del coronavirus all'essere umano.

“Posto che tutti dicono che non ci siano prove definitive né per un'ipotesi né per l'altra, mi sembra che ci sia un certo accanimento, giustificabile, nella ricerca di elementi che indichino che l'origine venga da un laboratorio”, ha spiegato lo scienziato, affermando che il problema più serio è quello di essere stati colti di sorpresa dalla pandemia, degli errori commessi durante la sua gestione. La speranza di tutti è che la nuova indagine dell'OMS sollecitata dal G7 possa davvero portare a una risposta chiara e definitiva sull'origine del patogeno, anche se sarà necessaria un'ampia collaborazione della Cina.

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