Coronavirus, lo sport intenso può esporre a un rischio maggiore di contagio? Cosa dice la scienza
Secondo una teoria nota come “Open Window”, ovvero “Finestra Aperta”, dopo aver svolto un esercizio fisico molto intenso si verificherebbe una soppressione temporanea del sistema immunitario, che a sua volta determinerebbe una maggiore suscettibilità alle malattie e alle infezioni del sistema respiratorio. Poiché il nuovo coronavirus emerso in Cina (SARS-CoV-2) è un patogeno che aggredisce (principalmente) proprio l'apparato respiratorio, ne consegue che chi si sottopone ad attività fisica particolarmente impegnativa potrebbe esporsi con maggiore facilità alla COVID-19, l'infezione scaturita dal patogeno. La teoria della Finestra Aperta potrebbe ad esempio essere coinvolta nella situazione di Mattia, il cosiddetto “paziente 1” di Codogno. Il 38enne ricoverato in gravi condizioni presso il reparto di malattie infettive del Policlinico San Matteo di Pavia, infatti, è un appassionato di sport, e in pochi giorni corse due mezze maratone e fece una partita di calcio (quest'ultima già con la febbre, prima che la sua situazione precipitasse). Potrebbe davvero essersi esposto a un rischio maggiore a causa del notevole sforzo fisico?
Innanzitutto è doveroso sottolineare che ci sono pareri molto discordanti in merito alla teoria della Finestra Aperta fra gli stessi scienziati. Ricercatori australiani della Facoltà di scienze della Salute e Medicina dell'Università Bond, ad esempio, nell'articolo “The open window of susceptibility to infection after acute exercise in healthy young male elite athletes” pubblicato nel 2010 sulla rivista scientifica Exercise Immunology Review fornirono prove a supporto della teoria; secondo gli autori dello studio, un intenso esercizio di resistenza potrebbe effettivamente sopprimere per un breve periodo di tempo il sistema immunitario, rendendoci dunque più suscettibili alle infezioni respiratorie. Ma in che modo? Gli scienziati coordinati dal professor Kakanis raccolsero campioni di sangue da un gruppo di giovani ciclisti maschi prima e dopo l'attività fisica, per verificare l'impatto della stessa sulle cellule immunitarie. Fra esse leucociti, neutrofili e cellule natural killer (linfociti NK). I ricercatori hanno osservato significative fluttuazioni nelle concentrazioni di queste cellule in relazione all'attività fisica; ad esempio i linfociti sono crollati a due ore di distanza dal termine dell'esercizio, mentre le NK si sono ridotte progressivamente a 4, 6 e 8 ore di distanza dal termine dell'attività fisica. “La soppressione del numero totale dei linfociti, delle cellule NK e della funzione fagocitica dei neutrofili dopo l'esercizio fisico può giocare un ruolo importante nell'aumento del tasso di malattie respiratorie in risposta a un intenso allenamento di resistenza”, hanno scritto gli scienziati nell'abstract del proprio studio. A suffragio della teoria della Finestra Aperta vi sono anche altri studi; alcuni, ad esempio, mettono in evidenza i possibili decrementi nei livelli di IgA salivari dopo l'attività fisica intensa, come questo pubblicato sul Journal of Sports Sciences. Le IgA salivari sono anticorpi/immunoglobuline che rappresentano una sorta di marcatore delle proprietà immunitarie della mucosa, e che dunque quando presenti in numero inferiore potrebbero favorire lo sviluppo di patologie respiratorie. Queste e altre ricerche suggeriscono dunque che in qualche modo l'intensa attività fisica (non quella normale) potrebbe davvero agevolare la COVID-19, qualora si fosse esposti a SARS-CoV-2. Ma non tutti la pensano allo stesso modo.
I ricercatori John P. Campbell e James E. Turner del Dipartimento per la Salute dell'Università di Bath, Regno Unito, nel 2018 hanno scritto un articolo chiamato “Debunking the Myth of Exercise-Induced Immune Suppression: Redefining the Impact of Exercise on Immunological Health Across the Lifespan”. Si tratta di una vera e propria invettiva contro gli studi a suffragio della teoria della Finestra Aperta, che viene considerata addirittura un “mito da sfatare”. I due autori, che hanno pubblicato i risultati della propria indagine sull'autorevole rivista scientifica Frontiers in Immunology, sottolineano innanzitutto che “prove epidemiologiche indicano che una regolare attività fisica e / o un frequente esercizio strutturato riducono l'incidenza di molte malattie croniche in età avanzata, comprese le malattie trasmissibili come infezioni virali e batteriche, nonché le malattie non trasmissibili come il cancro e i disturbi infiammatori cronici”. Una doverosa premessa, sulla quale sono concordi tutti i medici e gli scienziati. Lo sport praticato in modo costante non può fare altro che bene, insomma. Dopo di ciò Campbell e Turner si sono concentrati sui “pilastri” alla base della teoria della Finestra Aperta, smontandoli uno dopo l'altro. Innanzitutto hanno indicato che "presunte modifiche all'immunità della mucosa, e in particolar modo i livelli di IgA salivari, dopo l'esercizio fisico non indicano un periodo di soppressione immunitaria”, inoltre “le significative riduzioni nei numeri e nella funzione dei linfociti 1–2 ore dopo l'esercizio riflettono una ridistribuzione transitoria e dipendente dal tempo delle cellule immunitarie ai tessuti periferici, con conseguente aumento dello stato di sorveglianza e regolazione immunitaria, che è l'opposto della soppressione immunitaria”. Nello studio sono stati fatti diversi esempi che mettono in evidenza come "una regolare attività fisica e un frequente esercizio fisico potrebbero limitare o ritardare l'invecchiamento del sistema immunitario, fornendo ulteriori prove del fatto che l'esercizio fisico è benefico per la salute immunologica".
Il dibattito sulla Finestra Aperta è ancora molto vivo nella comunità scientifica, dunque per poter considerare l'esercizio fisico più intenso come un possibile volano per la COVID-19 (ovviamente in caso di esposizione al coronavirus) saranno necessari ulteriori e approfonditi studi. L'ipotesi non può essere scartata a priori, così come presa per verità assoluta, anche perché mancano ricerche specifiche su SARS-CoV-2. È invece plausibile che in ambienti molto "intimi" come gli spogliatoi o un'affollata linea di partenza di una corsa di resistenza il virus possa essere trasmesso facilmente da un partecipante contagiato, a causa dell'estrema vicinanza fra le persone che non garantisce la protezione dal "droplet", ovvero le goccioline espulse dalla bocca attraverso tosse, starnuti e anche il semplice conversare.