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Contro il dolore cronico, paracetamolo e ibruprofene fanno più male che bene

Secondo la bozza delle Linee guida pubblicata dal NICE, molti dei farmaci più comunemente utilizzati nel trattamento del dolore cronico primario non dovrebbero essere prescritti: “Ci sono poche o nessuna prova della loro azione mentre ci sono prove che possono causare danni”.
A cura di Valeria Aiello
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Credit: Michelle Tribe
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Numerosi trattamenti farmacologici comunemente usati per il trattamento del dolore cronico primario hanno poche o nessuna prova della loro azione e non dovrebbero essere prescritti”. A dirlo è il National Institute for Health and Care Excellence (NICE), l’organismo non dipartimentale che fa capo al Ministero della Salute del Regno Unito. L’ente, attualmente al lavoro sulle Linee guida per la gestione del dolore cronico, ha pubblicato la versione preliminare delle raccomandazioni, aprendo alla consultazione pubblica fino al prossimo 14 settembre. Nel testo sottolinea l’importanza di porre il paziente al centro trattamento e di promuovere una relazione collaborativa e di supporto tra paziente e professionista sanitario, oltre al ruolo di una buona comunicazione e il suo impatto sull’esperienza di cura per le persone con dolore cronico.

Tuttavia, in seguito alla valutazione della letteratura medica disponibile, ha affermato che ai pazienti che soffrono di dolore cronico primario “non dovrebbero essere prescritti paracetamolo, farmaci antinfiammatori non steroidei (tra cui aspirina e ibuprofene), benzodiazepine o oppiodi”.

Questo perché “mentre ci sono poche o nessuna prova del fatto che avessero determinato qualche differenza nella qualità della vita, del dolore o del disagio psicologico dei pazienti, esistono prove che possano causare danni, inclusa la possibile dipendenza”. La bozza afferma inoltre che anche i farmaci antiepilettici, inclusi gabapentinoidi, anestetici locali, ketamina, corticosteroidi e antipsicotici, non dovrebbero essere prescritti per il trattamento del dolore cronico primario. Raccomandata, invece, l’agopuntura a condizione che “venga erogata entro determinati parametri chiaramente definiti”.

Cos’è il dolore cronico primario?

Il dolore cronico primario rappresenta quella condizione che non può essere giustificata da altra diagnosi o che non è sintomo di una condizione di base (noto invece come dolore cronico secondario). Il dolore cronico primario è caratterizzato da un significativo disagio emotivo e disabilità funzionale. Gli esempi includono il dolore cronico diffuso e il dolore muscoloscheletrico cronico, nonché condizioni come il dolore pelvico cronico.

Il dolore cronico – aggiunge la nota – è spesso difficile da trattare e può avere un impatto significativo sugli individui, sulle loro famiglie e sui caregiver. Le stime suggeriscono che il dolore cronico interessi tra un terzo e la metà della popolazione e che quasi la metà delle persone con dolore cronico ha una diagnosi di depressione”.

Quando molti trattamenti sono inefficaci o non ben tollerati – ha commentato Paul Chrisp, direttore del Center for Guidelines di NICE – , è importante comprendere in che modo il dolore influisca sulla vita di una persona e su coloro che la circondano, perché sapere cosa è importante per la persona è il primo passo nello sviluppo di un piano di assistenza efficace. È importante sottolineare  – ha aggiunto – la necessità di ulteriori ricerche su tutta la gamma di possibili opzioni di trattamento, riflettendo sia la mancanza di prove in questo settore sia la necessità di fornire ulteriore scelta alle persone con questa condizione”.

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