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Covid 19

Con le varianti del coronavirus 1 metro di distanza non basta, CNR: “Servono 40 cm in più”

Il dottor Corrado Spinella, direttore del Dipartimento di Scienze fisiche e Tecnologie della materia (Cnr-Dsftm), ha dichiarato che per proteggersi dalle varianti del coronavirus SARS-CoV-2 è necessario aumentare la distanza dagli altri, passando da 1 metro a 1,4 metri. I 40 centimetri in più sono stati calcolati grazie a un algoritmo messo a punto dagli scienziati del CNR.
A cura di Andrea Centini
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Il coronavirus SARS-CoV-2 è un patogeno respiratorio che si trasmette principalmente attraverso le goccioline grandi (droplet) e piccole (aerosol) che espelliamo quando tossiamo, starnutiamo, cantiamo, urliamo o semplicemente parliamo e respiriamo. Per questa ragione tra le principali misure per spezzare la catena dei contagi vi sono le mascherine, che formano una barriera fisica tra le alte vie respiratorie e l'ambiente esterno, e il distanziamento fisico dagli altri, che riduce il rischio di entrare in contatto con le particelle virali esalate. In Italia la distanza minima da mantenere è pari a 1 metro, mentre in altri Paesi si può arrivare a 1,8 metri (come negli Stati Uniti) e persino a 2 metri. Ma se mantenere la distanza di 1 metro era considerata una misura efficace per contrastare il ceppo “originale” del coronavirus, con le varianti emergenti in circolazione – soprattutto quella inglese – il discorso è diverso. Secondo i calcoli di un algoritmo sviluppato da scienziati del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), infatti, per proteggersi dai nuovi lignaggi servono 40 centimetri in più.

Ad affermarlo all'ANSA è stato il dottor Corrado Spinella, fisico e direttore del Dipartimento di Scienze fisiche e Tecnologie della materia (Cnr-Dsftm). “Le varianti del virus SARS-Cov-2 sono caratterizzate da un aumento della distanza di trasmissibilità del 40 percento. Prima, in media, dovevi essere lontano un metro dal positivo. Ora, se non vuoi essere contagiato, bisogna tenersi distanti 1,4 metri. È aumentata la distanza di trasmissibilità entro cui il virus rischia di infettare la persona sana. Un metro non è più sufficiente”, ha chiosato l'esperto. Diversi studi condotti nel Regno Unito hanno determinato che la variante inglese B.1.1.7 (o Variant of Concern 202012/01 – VOC-202012/01) ha una trasmissibilità tra il 30 e il 50 percento maggiore rispetto alla variante di emersa a Wuhan, e secondo una ricerca dell'Imperial College di Londra determinerebbe un incremento dell'indice Rt di + 0,7. Non è ancora chiaro se sia effettivamente più mortale, ma secondo il team di esperti del New and Emerging Respiratory Virus Threats Advisory Group (NEVRTAG) potrebbe avere una mortalità fino al 70 percento superiore. Alla luce di queste considerazioni, aumentare il distanziamento fisico non farebbe altro che garantirci una maggiore protezione.

Ma gli scienziati del CNR come sono arrivati a determinare che servono proprio quei 40 centimetri in più? Il professor Spinella ha spiegato che si sono avvalsi di una simulazione al computer basata su un peculiare algoritmo che ha definito “scova varianti”. L'analisi si basa su un modello fisico-matematico sviluppato “per analizzare l’andamento della pandemia e prevedere la sua tendenza futura”, come si legge in un comunicato stampa del CNR. Lo scienziato ha anche affermato che al momento le vaccinazioni sono troppo poche per influenzare il “trend del numero dei casi”. Il modello matematico messo a punto dagli scienziati italiani è in grado di monitorare l'andamento della pandemia tenendo in considerazione molteplici fattori, dalla densità abitativa alla mobilità delle persone, passando proprio per l'individuazione delle varianti e gli effetti della campagna vaccinale, che come indicato al momento sono trascurabili.

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