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Con l'iPhone si entra nella leggenda, con il pacemaker no: le morti di Jobs e Greatbatch a confronto

Pochi giorni prima della morte di Steve Jobs è scomparso Wilson Greatbatch, inventore del pacemaker. Un congegno che ha contribuito a salvare milioni di vite in tutto il mondo. Ma la morte dell’inventore è passata quasi inosservata.
A cura di Redazione Scienze
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greatbatch wilson

Un volto sconosciuto ai più, di certo molto diverso dall'icona mondiale rappresentata dalla figura di Steve Jobs.

Questa immagine ritrae Wilson Greatbatch. E ciò che ha in mano non è un mouse, ma un pacemaker. Il dispositivo che consente a milioni di persone in tutto il mondo di condurre una vita "normale", nonostante le aritmie cardiache.

Questa non vuole essere una critica all'eco che ha ricevuto in tutto il mondo la morte di Steve Jobs. Fanpage è stato uno dei giornali che ha dato ampio spazio alla notizia. La mia è una riflessione sulla morte e la comunicazione, sull'innovazione e (ebbene sì) il marketing.

Wilson Greatbatch e Steve Jobs sono morti a distanza di appena 8 giorni. L'inventore del pacemaker è deceduto a Buffalo il 27 settembre, Jobs ci ha lasciati il 5 ottobre a Cupertino. Senza dubbio la forte differenza di età tra i due ha contribuito al diverso "trattamento" dato alla notizia della morte (Greatbach aveva 92 anni), ma chiaramente la questione non è riducibile a questo. [quote|right]|Il pacemaker è stato inventato quasi per caso: fu determinante un esperimento "sbagliato" di Greatbatch[/quote]

Il brevetto del pacemaker è stato depositato il 22 luglio 1960. Greatbatch inventò questo congegno quasi per caso. Durante una delle sue numorose ricerche si ritrovò ad installare un resistore con una resistenza errata. Caso volle che quel resistore determinava pulsazioni uguali a quelle del battito cardiaco "ordinario". E così, in maniera in parte fortuita, fu fatto un enorme passo in avanti nella soluzione dei problemi relativi alle aritmie cardiache dei pazienti.

Il mio vuole essere un modesto omaggio a Greatbatch, anche se arriva con qualche giorno di ritardo. Credo però sia il giusto tributo a un uomo che non ha "sussurrato al futuro" e non ha cambiato il mondo dei computer, ma la cui invenzione batte nei cuori di milioni di persone di tutto il mondo. Permettendo loro di sopravvivere (magari con un iPhone alla mano).

addio-steve-jobs

"L’iPod, l’iPhone, l’iPad sono fighissimi, come dicono i miei nipotini: pieni di applicazioni, intuitivi, veloci, coloratissimi, ma già l’idea di un prodotto che cambia ogni anno e mezzo, che costringe milioni di persone a sbarazzarsi della versione vecchia per prendere quella appena lanciata sul mercato, più leggera di cinquanta grammi, dall’identico design ma più accattivante, che fa una cosa in più dell’altra ma ad una velocità maggiore, mi sembra una gran furbata commerciale" ha scritto Alessandro Campi su Il Foglio pochi giorni fa, in un articolo fortemente critico nei confronti dell'eco mediatica riservata a Jobs.

"Se la bulimia da consumo è un segno di cambiamento epocale, allora è vero, Jobs ha cambiato la vita di molte persone, rendendole però dipendenti non da una filosofia di vita quale non si era mai vista nella storia, ma da una strategia di marketing questa sì geniale e rivoluzionaria". Un'analisi fin troppo critica che però può aiutare nel capire come funzionano determinate dinamiche. E spiegare perché l'iPhone consacra alla leggenda, a differenza del pacemaker.

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