Come sta lo strato di ozono?
Allo scopritore di quel preoccupante assottigliamento nello strato di ozono corrispondente alle aree polari, il Nobel venne assegnato a ben vent'anni di distanza dal primo allarme, lanciato attraverso un fondamentale studio pubblicato dalla rivista Nature: il nome dello scienziato era Frank Sherwood Rowland e il fenomeno sarebbe stato uno dei più dibattuti, negati, confermati, temuti e celebri in ogni aspetto della cultura popolare, della fine del XX secolo. A quel chimico statunitense il merito di aver individuato, assieme a Paul Crutzen e Mario Molina, nei famigerati clorofluorocarburi le sostanze che maggiormente contribuiscono alla formazione del buco dell'ozono.
La giornata internazionale per la protezione della fascia di ozono stratosferico – Da quasi decenni, ormai, è stata anche fissata una data per sensibilizzare su una questione che, seppur in netto miglioramento, continua a meritare la massima attenzione: il 16 settembre di ogni anno, infatti, a partire dal 1995, viene celebrata la giornata internazionale per la protezione della fascia di ozono stratosferico. Il giorno non è stato scelto a caso, bensì per ricordare quel protocollo di Montreal che, a giudicare dai risultati degli ultimi anni, può a buon diritto dirsi uno dei risultati migliori tra quelli conseguiti dalle Nazioni Unite: il 16 settembre del 1987, infatti, veniva firmato il trattato che sarebbe entrato in vigore il 1° gennaio con la ratifica da parte di 192 nazioni. Obiettivo del protocollo di Montreal era quello di rispondere con i fatti all'allarme lanciato dagli scienziati, abbassando drasticamente le concentrazioni di clorofluorocarburi ed idrocarburi nell'atmosfera: tale diminuzione sta proseguendo rivelando al contempo un miglioramento generale nelle condizioni della fascia ozonosferica la quale, come è noto, ci protegge in particolare dai raggi UVA che maggiormente arrecano danno all'epidermide umana.
Meno CFC, meno riscaldamento globale – Certo, non sono problemi che si risolvono "dalla sera alla mattina" ma c'è da dire che esperti e studiosi riconoscono unanimemente come lo strato stia riprendendo gradualmente il proprio spessore, a dimostrazione del fatto che un'azione concreta e compatta può essere in grado di rispondere ad un'emergenza, anche se grave e per certi aspetti imprevedibile nella sua portata. Eppure, la risoluzione di mettere progressivamente al bando i clorofluorocarburi si è rivelata vincente anche per una seconda ragione: gli scienziati hanno infatti constatato solo in tempi relativamente recenti come tali sostanze chimiche avessero un effetto potentissimo anche sul riscaldamento globale, valutabile come migliaia di volte superiore rispetto a quello della temuta CO2. Questo significa che i mutamenti climatici a cui stiamo assistendo, e dei quali sembrerebbero vittime soprattutto i Paesi di fasce particolarmente fragili come le aree subtropicali, sarebbero stati probabilmente di entità maggiore, e assai più devastanti, qualora non si fosse intervenuto su un aspetto apparentemente tanto distante da noi ma infinitamente influente sulla salute del Pianeta e dei suoi abitanti.
Il polo bucato – Ma c'è ancora tanta strada da fare e il protocollo di Montreal, in questo senso, non può dirsi altro se non un inizio: un ottimo inizio, ma pur sempre un punto di partenza. Del resto i CFC non costituiscono certamente l'unico pericolo per quello strato che circonda la Terra e che ha consentito alla vita di svilupparsi su di essa. Dal momento che la comunità internazionale ha accettato da tempo la dimostrazione scientifica del fatto che attività antropiche e composti di fabbricazione umana influiscono sul buco dell'ozono, però, i margini di miglioramento continuano ad essere ampi, lasciando il posto ad un cauto ottimismo. Certo, non si può dimenticare come le questioni del Pianeta siano tutte strettamente interrelate e connesse tra loro, ragion per cui l'importanza di preservare la fascia d'ozono deve comunque essere sempre accompagnata da uno stretto controllo sulle emissioni dei gas serra al fine di fermare quell'innalzamento delle temperature che sta facendo impazzire il clima: per cui, assieme ai timidi segnali di ripresa, sarà necessaria una politica che coinvolga tutti i Paesi del globo per proteggere il prezioso involucro della Terra, preferibilmente prima che sia troppo tardi.