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Covid 19

Come riconoscere i sintomi di Covid-19 nei bambini: “Malessere e stanchezza devono insospettire”

Il prof. Alberto Chiara, Presidente della Società Italiana di Pediatria Ospedaliera (SIPO) a Fanpage.it: “A volte la sintomatologia è molto vaga, la febbre spesso non è elevata e anche il raffreddore e alcuni disturbi gastrointestinali possono essere un segno di allarme. Se si sospetta che il bambino non stia bene, non va mandato a scuola: è importante che con la ripresa dell’attività scolastica non abbia sintomi di alcun genere”.
Intervista a Prof. Alberto Chiara
Direttore del Dipartimento Materno Infantile dell’ASST di Pavia e Presidente della Società Italiana di Pediatria Ospedaliera (SIPO)
A cura di Valeria Aiello
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Misurare la febbre a casa, prima di uscire per andare a scuola, potrebbe non bastare. Fin dai primi mesi di questa pandemia si è osservato che i bambini corrono meno rischi di sviluppare una malattia grave e, difficilmente, l’infezione da coronavirus ha portato a una sintomatologia importante nei più giovani. In pratica, nella stragrande maggioranza dei casi, bambini e ragazzi risultano del tutto asintomatici oppure presentano sintomi più lievi che, non sempre, sono quelli più comuni negli adulti. Alcuni studi indicano infatti che, nei pazienti più piccoli, la febbre può manifestarsi in poco più della metà dei casi, comportando una maggiore probabilità che l’infezione passi inosservata. Un problema non da poco che, con la ripresa dell’attività scolastica, rende più difficile il compito dei genitori, ai quali è affidata la responsabilità di verificare lo stato di salute dei propri figli. Cos’altro, in assenza di febbre, dovrebbe spingerli a sospettare il contagio? E a quali altri segnali potrebbero prestare attenzione? Lo abbiamo chiesto al professor Alberto Chiara, Direttore del Dipartimento Materno Infantile dell’ASST di Pavia e Presidente della Società Italiana di Pediatria Ospedaliera (SIPO).

Allora professore, cosa sappiamo oggi dei sintomi di Covid-19 nei bambini? Quali sono i più comuni?
I bambini presentano una sintomatologia più lieve rispetto all’adulto. Sintomi comuni sono febbre, malessere generale, congestione nasale, mal di gola, mal di testa, tosse, dolori muscolari, a volte anche diarrea, nausea e vomito, e sono simili, purtroppo, a quelli che compaiono nelle forme influenzali. Nei casi più gravi il piccolo mostra difficoltà nella respirazione e può andare incontro a insufficienza di molti organi ed apparati, quali rene e cuore.

I sintomi sono diversi da quelli degli adulti?
Sono simili, anche se i bambini presentano una sintomatologia più lieve. Le forme gravi e i decessi sono estremamente rari e questo è evidenziato anche dai dati della letteratura, che indicano un minor numero di bambini colpiti da polmonite grave rispetto agli adulti. Se dovessimo quindi considerare i rischi per la salute personale del bambino, possiamo affermare che sono davvero trascurabili. Il paziente pediatrico in linea di massima si ammala poco e di forme lievi. In altre parole, i bambini hanno la stessa probabilità degli adulti di ammalarsi ma meno probabilità di avere sintomi gravi.

Ci sono delle differenze tra le diverse fasce di età?
I sintomi di Covid-19 nei più piccoli sono spesso assenti o lievi, tuttavia l’infezione in alcuni casi può comportare lo sviluppo di complicanze o forme cliniche peculiari. Molta attenzione va posta, quindi, quando i bambini manifestano sintomi dell’infezione, soprattutto se con meno di un anno di età e in presenza di condizioni patologiche preesistenti. Dati epidemiologici suggeriscono che è improbabile una trasmissione perinatale di Covid-19 se vengono prese precauzioni igieniche corrette e se l’allattamento al seno avviene con procedure sicure.

In assenza di febbre, quali segnali possono far sospettare il contagio?
A volte la sintomatologia è molto vaga. Devono insospettire: un malessere generale accompagnato da stanchezza, il raffreddore, alcuni sintomi gastrointestinali (dolore addominale, nausea, vomito, talvolta diarrea). Anche la perdita del gusto e dell’olfatto può essere un segno di allarme.

Covid-19 può causare altri problemi in età pediatrica?
In alcuni casi, sono stati segnalati sintomi di iper-infiammazione, quasi sempre correlati all’infezione da nuovo coronavirus. La sospetta associazione dell’infezione Covid-19 con la malattia di Kawasaki o simil-Kawasaki nei bambini non è stata ancora confermata. Se venisse provata, sarebbe comunque un evento estremamente raro.

A cosa devono prestare attenzione i genitori?
Per proteggersi e ridurre il rischio di infezioni respiratorie è opportuno e necessario adottare le misure di prevenzione che tutti ormai ben conosciamo: utilizzo della mascherina, distanziamento e lavaggio delle mani. È importante anche incrementare la sanificazione degli ambienti, dunque pulire e disinfettare superfici, come ad esempio tavoli e maniglie, ed evitare di far condividere stoviglie, spazzolini (per i bimbi più piccoli) e oggetti come tablet, smartphone (per i ragazzi).

Se c’è un sospetto, come bisogna comportarsi?
Il genitore che percepisce che il piccolo non sta bene, indipendentemente dalla febbre, deve tenerlo a casa. Va anche ricordato che la febbre nel bambino spesso non è elevata (< 38 °C) e che, ora che siamo alla vigilia della ripresa delle attività scolastiche, è importante che i bambini vadano a scuola in condizioni di benessere. Non devono dunque avere sintomi di alcun genere: nessun raffreddore, tosse, nausea, vomito, diarrea o linea di febbre.

Cosa possono fare i genitori per evitare che i figli contraggano o trasmettano il virus?
Fare rispettare il distanziamento sociale sia all’aperto sia in ambienti chiusi, fare indossare la mascherina (l’utilizzo non è indicato al di sotto dei due anni di età) e incoraggiare il lavaggio frequente delle mani con acqua e sapone. Spesso, nel bambino, l’infezione da coronavirus è riscontrata anche nelle feci e quindi, nei più piccoli, proprio per il loro stile di vita, la trasmissione potrebbe verificarsi più facilmente anche per via oro-fecale.

Le informazioni fornite su www.fanpage.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.
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