Come la civiltà maya collassò a causa di una lieve siccità
Il declino della civiltà Maya ha da sempre costituito un grande enigma per gli studiosi che si sono dedicati ai popoli precolombiani: dopo uno spettacolare fiorire, dopo la costruzione di imponenti strutture quali templi e palazzi e di complessi centri urbani dai quali si irradiava una cultura potente e raffinata, dopo aver toccato le altissime vette della conoscenza in molte discipline, dalla matematica all'astronomia, si verificò qualche evento dalla portata devastante che portò la lussureggiante vegetazione del Mesoamerica ad invadere quelle che un tempo furono magnifiche città e gli abitanti ad abbandonare i territori, in un arco di tempo compreso, orientativamente, tra l'800 e il 950 d. C.
Le ipotesi degli studiosi – Spesso accade che su particolari monumenti, popolazioni o grandi personaggi del passato, in assenza di notizie precise o, magari, in presenza di dettagli affascinanti o singolari, nascano leggende verosimili che poco hanno a che fare con la storia ma che finiscono per fondersi con questa; oppure che vengano posti in risalto alcuni aspetti a discapito di altri, anche se ugualmente significativi. Così, per quanto riguarda questo popolo che visse nei territori attualmente indicati come Messico e Guatemala, i racconti sui sacrifici umani presero il sopravvento rispetto al sistema cosmologico e, in luogo delle raffinatissime ed acute analisi che gli scienziati Maya erano capaci di fare, si ricordano più frequentemente profezie dalla dubbia interpretazione su una imminente fine del mondo. Certamente, la «sparizione» quasi improvvisa dei Maya ha contribuito immensamente a rendere ancora più oscura e misteriosa questa civiltà agli occhi dei posteri, in unione al fatto che le spiegazioni di tale fenomeno sono rimaste sempre confinate entro i limiti delle ipotesi. In linea generale, tuttavia, gli esperti hanno sempre immaginato che l'interazione di diversi fattori dovesse essere all'origine del collasso dei Maya: da una parte il malcontento di una popolazione sfruttata oltremodo che decise di ribellarsi, dall'altra il sopraggiungere di epidemie, ma anche governi incapaci e negligenti e carestie generate da insufficienza nella tecnologia agricola e da una pesantissima siccità che si abbatté sulla popolazione.
Una modesta riduzione nelle precipitazioni – Quello che, invece, rivela l'ultimo studio in proposito pubblicato dall'autorevole rivista Science, opera di Martín Medina-Elizalde del Centro de Investigación Científica de Yucatán messicano e di Eelco Rohling del National Oceanography Centre dell'Università di Southampton, è che a causare la crisi dei Maya fu solo una riduzione nelle precipitazioni atmosferiche che gli scienziati valutano come «modesta». Per la prima volta, infatti, è stato possibile calcolare, grazie agli accurati rilievi della paleoclimatologia, la reale portata dell'avvenimento: gli scienziati hanno avuto così modo di osservare che, contrariamente a quanto comunemente accettato dalla comunità scientifica fino ad ora, i Maya non si trovarono ad affrontare episodi di siccità profondissima e diffusa, bensì una diminuzione nella portata delle piogge annuali che andò dal 25 al 40%, presumibilmente dovuta ad un calo nella frequenza ed intensità delle tempeste tropicali tipiche della stagione estiva. Naturale ed inevitabile, a questo punto, l'interrogativo: se un evento non catastrofico è stato capace di stroncare una civiltà rigogliosa già 1100 anni fa, quali sono i possibili sviluppi per il medesimo territorio, in considerazione del fatto che per il futuro più prossimo sono previsti fenomeni molto simili, come effetto dei cambiamenti climatici in atto?