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Clima impazzito: quanto è responsabile l’uomo?

Uno studio ha calcolato la percentuale di eventi climatici estremi riconducibili al riscaldamento globale dovuto all’attività antropica.
A cura di Nadia Vitali
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Attualmente circa il 75% delle ondate di calore estreme che colpiscono diverse regioni del Pianeta sono attribuibili alle attività antropiche che, passando attraverso il fenomeno del riscaldamento globale, determinano e hanno determinato squilibri ambientali. Discorso analogo vale per la pioggia: il 18% circa delle precipitazioni estreme annue sono riconducibili all’innalzamento delle temperature osservato in particolare nel XX secolo. A mettere in luce questi dati è uno studio condotto da due ricercatori dell’Institute for Atmospheric and Climate Science di Zurigo e pubblicato dalle pagine di Nature.

Eventi estremi fuori controllo

Gli eventi meteorologici estremi sono il sintomo più allarmante della febbre del Pianeta e non soltanto perché manifestano l'impossibilità di controllare una situazione che sembra letteralmente esserci “sfuggita di mano”, con l’essere umano nuovamente preda della natura che credeva di aver imparato a dominare, almeno in alcuni suoi aspetti. Stiamo imparando fin troppo bene a familiarizzare con ondate di calore che mietono vittime e con devastanti alluvioni che distruggono intere regioni, trascinando spesso molte vite con sé: e di questo, almeno in parte, siamo noi stessi responsabili.

0,85° C in più rispetto all'era preindustriale

Il segnale dell’imprevedibilità degli effetti del fenomeno è leggibile attraverso i dati illustrati dallo stesso studio: i ricercatori spiegano, infatti, che un innalzamento delle temperature ulteriore, pari a 2° C rispetto alle medie dell’età preindustriale, comporterebbe una probabilità di precipitazioni doppia rispetto ad un riscaldamento di 1,5° C. Questo, tradotto in pioggia, significherebbe che ben il 40% delle precipitazioni estreme diventerebbe attribuibile al riscaldamento globale da attività antropica.

Ad oggi le temperature medie risultano innalzate di 0,85° C rispetto a quelle dell’età preindustriale: ma visto che gli ultimi anni hanno dimostrato una tendenza costante all’incremento, c’è il pericolo che questo aumento dei valori subisca un’accelerazione. E questo aspetto rappresenta una parte sostanziale del problema su cui discutono gli Stati di tutto il mondo alle conferenze internazionali sul cambiamento climatico (la prossima si terrà a Parigi a dicembre).

Proiezioni globali

Gli eventi estremi presi in considerazione sono quelli che gli scienziati hanno definito «moderati», intendendo così quelli che si verificano mediamente una volta ogni tre anni circa in una determinata area. Le temperature e le precipitazioni totali sono state analizzate relativamente al periodo 1901-2005 e confrontate con i dati ricavati dalle proiezioni ricavabili da 25 diversi modelli climatici per il periodo 2006-2010. Ne è risultata l’elaborazione di diverse mappe che segnalano le probabilità di aumento del rischio di eventi estremi in una prospettiva globale, all’interno della quale non è possibile determinare l’origine (antropica o meno) del singolo evento. La stessa impronta dell’attività umana, del resto, ha esiti diversi a seconda del territorio, della stagione, dalla presenza di altri fenomeni meteorologici che interessano la zona.

Un monito per gli Stati

Il lavoro ha il merito di aver realizzato una valutazione accurata, dal punto di vista matematico, di come l’impronta dell’uomo sul Pianeta stia generando un clima impazzito con il quale, sempre più, oggi ci ritroviamo a fare i conti. Anche questi numeri – ci si augura – finiranno sul tavolo di un dibattito sempre più ampio che, dopo aver coinvolto gli Stati di tutto il mondo, vede in questi giorni finalmente anche la partecipazione e il sostegno da parte del Papa per la lotta al cambiamento climatico.

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