Cinque storie a proposito di Albert Einstein
Tutto è cominciato con una bussola
Come “si diventa” un genio? Fu lo stesso Einstein a descrivere un’esperienza dell’infanzia, indicandola come una delle fondamentali della propria vita. Il piccolo Albert aveva cinque anni quando gli venne mostrata per la prima volta una bussola da suo padre. Pare che in quel momento giunse la “folgorazione”: il bambino si rendeva conto, per la prima volta, dell’esistenza di qualcosa che agiva sull'ago in uno spazio vuoto, spostandolo in direzione settentrionale. La curiosità fu la prima ispirazione che, da allora, avrebbe espanso quella mente geniale portandola a varcare i confini della conoscenza di allora.
Einstein era bravo in matematica
Osservazione che potrebbe apparire fin troppo scontata se non fosse per una leggenda circolante che vuole che lo studente Einstein avesse un profitto basso in matematica. Naturalmente le cose non sono mai andate così. Insofferente alle rigidità scolastiche fin da giovane (così come lo sarebbe stato da adulto a quelle accademiche), collezionava comunque buoni voti sia in matematica sia in latino.
La famosa bocciatura
Piuttosto va ricordato che la sua carriera scolastica fu sicuramente influenzata dall'indigenza della famiglia e dagli spostamenti che ne derivarono. Effettivamente nell’autunno del 1895 si colloca il suo fallimento all’esame di ingresso presso il Politecnico di Zurigo: il problema però era che gli mancava il titolo di studio del grado inferiore (il ginnasio) e quindi, nonostante i notevoli risultati in matematica e fisica, restò fuori. Poco male: un anno di studi di riparazione al Gymnasium di Aarau ed entrava finalmente al Politecnico.
Einstein parlava italiano
Accennavamo i problemi economici della famiglia d’origine di Einstein: fu proprio a causa di questi che il giovane Albert seguì i suoi genitori in diversi spostamenti. Fu così che nel 1894, all’età di 15 anni, giungeva a Pavia. Tra le tappe della famiglia Einstein seguirono Monaco e Milano: ma al secondo rientro in Italia, il ragazzo doveva restare in Germania proprio per concludere il ciclo di studi. Ma si diede malato e preferì raggiungere i suoi a Milano ritardando, come abbiamo visto, l’ingresso al politecnico. Dunque Einstein parlava anche l’italiano. Recentemente è andata all’asta una lettera redatta dallo stesso Einstein nel 1925 dove scriveva in italiano (quasi perfetto) al fisico toscano Giovanni Giorgi.
Il suo cervello fu fatto a fettine
Albert Einstein aveva espresso la volontà di donare il proprio corpo alla scienza. Tuttavia, l’anatomopatologo che effettuò l’autopsia sul corpo del defunto scienziato asportò il cervello dalla scatola cranica e lo conservò in gran segreto in un contenitore per una trentina d’anni. Nel frattempo il resto del corpo era stato cremato e le ceneri disperse. Quando i parenti di Einstein vennero a sapere che il cervello era sopravvissuto accettarono di eseguire, seppur in ritardo, la volontà del loro illustre congiunto: l’organo fu così sezionato in 240 parti che furono consegnate a diversi ricercatori mentre la parte più grossa è custodita presso l’ospedale di Princeton.