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Cinque milioni di italiani minacciati da frane e alluvioni

Un rapporto stilato da Legambiente in collaborazione con la Protezione Civile ha valutato le attività di prevenzione messe in campo dai Comuni esposti al rischio di dissesto idrogeologico, verificando che la maggior parte delle amministrazioni locali non informa i propri cittadini e non mette a loro disposizione gli strumenti per fronteggiare eventuali situazioni di rischio.
A cura di Nadia Vitali
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Un rapporto stilato da Legambiente in collaborazione con la Protezione Civile ha valutato le attività di prevenzione messe in campo dai Comuni esposti al rischio di dissesto idrogeologico verificando che la maggior parte delle amministrazioni locali non informa i propri cittadini e non mette a loro disposizione gli strumenti per fronteggiare eventuali situazioni di rischio.

Oltre cinque milioni di persone che vivono o lavorano in aree a rischio, esposte al pericolo di frane ed alluvioni: è l'Italia del dissesto idrogeologico che incalza e non dà tregua ma, anzi, che fa contare sempre più eventi tragici tra le pagine della sua cronaca, il paese in cui oltre 6300 comuni sono valutati in serio pericolo e solo il 4% di questi ha disposto il trasferimento degli abitanti in zone ritenute più sicure.

Il dossier Ecosistema a rischio presentato da Legambiente in collaborazione con il Dipartimento per la Protezione Civile dipinge un quadro della situazione oltremodo problematico in cui le possibilità di miglioramento sono drammaticamente arrestate dalla carenza dei fondi che sarebbero necessari per mettere in sicurezza il territorio: i 41 miliardi di euro di cui avrebbe bisogno l'intera penisola non ci sono e, per questa ragione, «l'imperativo categorico è salvare vite umane» sostiene il capo della Protezione Civile, Franco Gabrielli.

Insomma, dal momento che impedire agli eventi catastrofici è momentaneamente impossibile, l'unico obiettivo utile che ci si può prefissare è quello di limitare al minimo i danni; pur nella consapevolezza che il maltempo intenso, con le sue conseguenze disastrose, ha comunque dei costi altissimi. Ogni giorno l'Italia spende 875 000 euro a causa della mancanza di prevenzione e dal febbraio di quest'anno sono già 2 i miliardi che hanno preso la strada di interventi di prima necessità, risarcimenti e ripristino di infrastrutture dopo frane, allagamenti, alluvioni ed eventi catastrofici legati al clima, soprattutto in Toscana, Sicilia e Liguria.

Nel rapporto di Legambiente, di circa 1500 comuni intervistati, quasi 1100 affermano di avere abitazioni in aree soggette al rischio frana o nei pressi di argini di fiumi e torrenti; in particolare, nel 31% dei casi sono interi quartieri posti in zone in pericolo, nel 20% scuole ed ospedali, nel 26% strutture turistiche o commerciali. Di questi 1100, appena il 29% ha dichiarato di aver effettuato interventi contro il dissesto idrogeologico o di promuovere attività di informazione ed esercitazioni presso la popolazione; un numero esiguo che deve a tutti i costi salire per contribuire, quanto meno, a far diminuire l'impatto dei fenomeni naturali.

Infatti se, come ha precisato lo stesso capo della Protezione Civile, nel tempo la possibilità dello Stato di risarcire i danni andrà sempre più diminuendo, saranno inevitabilmente gli enti locali a doversi occupare della delicata ed importantissima questione. Certo, in verità non è del tutto corretto sostenere che le risorse non ci sono ma, ultimamente, la tendenza è sempre più quella di utilizzarle per i finanziamenti alle grandi opere. Gabrielli nell'esprimere il proprio parere «tecnico» negativo sul Ponte di Messina ha specificato come queste siano «scelte che spettano alla politica. Ma io, come operatore del settore, non posso non constatare che ci sono altre priorità come la messa in sicurezza del territorio».

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