Chi soffre di Parkinson ha un rischio superiore di contagio, complicazioni e morte per Covid
La COVID-19, l'infezione provocata dal coronavirus SARS-CoV-2, è un'infezione subdola che nella grande maggioranza dei casi provoca sintomi lievi o è addirittura asintomatica, tuttavia per una piccola percentuale di pazienti può innescare complicazioni gravi e potenzialmente fatali. Ad oggi il patogeno pandemico ha strappato la vita a 3,4 milioni di persone, 124mila delle quali decedute in Italia. Com'è noto dai dati epidemiologici, gli anziani e chi soffre di comorbilità (patologie pregresse come il diabete e l'ipertensione) ha un rischio superiore di ricovero e decesso per COVID-19; un nuovo studio ha appena rilevato che anche il morbo di Parkinson può catalizzare il rischio di infezione, complicazioni e morte.
A dimostrarlo è stato un team di ricerca tedesco guidato da scienziati del Dipartimento di Neurologia dell'Ospedale St. Josef dell'Università della Ruhr – Bochum, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi del Neurodegeneration Research, Protein Research Unit Ruhr (PURE) e della società DRG MARKET di Osnabrück. Gli scienziati, coordinati dal professor Lars Tönges, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver analizzato attraverso uno studio trasversale i dati sui ricoveri in 1.468 ospedali tedeschi, per un totale di oltre 5,2 milioni di pazienti assistiti e circa 31mila casi di COVID-19, confermati da tampone molecolare positivo. I dati fanno riferimento alla prima, drammatica ondata della pandemia, nell'intervallo tra il 16 gennaio e il 15 maggio del 2020. Incrociando tutti i dati è emerso un rischio significativamente superiore di contagio, complicazioni e decesso per i pazienti con morbo di Parkinson.
Il primo dato significativo è legato alla netta riduzione dei ricoveri per Parkinson, crollati fino al 72,7 percento lo scorso anno. Le ragioni sono due: da una parte molti pazienti per paura di contrarre la COVID-19 in ospedale hanno preferito restare a casa, dall'altro gli ospedali hanno cancellato molte visite ordinarie, per ampliare il supporto ai contagiati dal coronavirus. Dall'analisi statistica è emerso che la frequenza della COVID-19 è stata molto più alta tra i pazienti ricoverati con Parkinson; tra gli oltre 64mila totali, in 693 hanno avuto diagnosi di infezione, ciò significa l'1,1 percento contro lo 0,6 percento dei pazienti senza la patologia neurodegenerativa. L'incidenza è risultata essere particolarmente elevata tra i pazienti con più di 65 anni. I pazienti con COVID-19 e Parkinson avevano inoltre una frequenza maggiore di ipertensione e malattia renale cronica, complicazioni spesso associate a un esito infausto della COVID-19. La mortalità ospedaliera è risultata inoltre essere significativamente più elevata tra i pazienti con Parkinson, ovvero del 35,5 percento, contro il 20,7 percento osservato per gli altri pazienti. La fascia di età tra i 75 e i 79 anni è stata la più colpita in assoluto. Nel 2020 la mortalità ospedaliera per i pazienti con Parkinson è stata più elevata rispetto a quella registrata nel 2019, ovvero del 5,7 percento contro il 4,9 percento. Ciò indica l'impatto della pandemia.
“I pazienti con Parkinson possono essere particolarmente a rischio di COVID-19 grave a causa della fragilità, che aumenta con l'età e gli stadi avanzati della malattia”, ha dichiarato in un comunicato stampa il professor Tönges. “La funzione polmonare può essere compromessa da comuni comorbilità e dalla debolezza dei muscoli respiratori associati al Parkinson. Inoltre, la disfagia rende le persone più suscettibili alla polmonite”, ha aggiunto lo scienziato. I dettagli della ricerca “Clinical Profiles and Mortality of COVID-19 Inpatients with Parkinson's Disease in Germany” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica specializzata Movement Disorders.