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Che sapore ha lo champagne di 170 anni fa?

Metallico, più dolce e con un sentore di formaggio: eppure si è conservato benissimo, in fondo al mar.
A cura di Nadia Vitali
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Tra tutti i posti dove pensavate di poter conservare lo champagne, probabilmente il fondale marino è quello più originale. Eppure, notizia inattesa, sarebbe un ottimo luogo per preservare a lungo e con successo le qualità e il gusto di questo “nettare degli dei”. Gli scienziati se ne sono accorti analizzando un campione di liquido proveniente da una delle 168 bottiglie rinvenute nel relitto di una nave affondata circa 170 anni fa nel Mar Baltico, al largo delle isole Åland. Il prezioso carico era stato scoperto nel 2010 ma solo oggi sono stati resi noti i risultati degli studi sullo champagne, attraverso un paper pubblicato da PNAS.

 170 anni e non sentirli

Le etichette sono ormai illeggibili, naturalmente, ma i tappi in sughero hanno consentito di stabilire, in una prima fase di indagine, che le bottiglie risalivano alla prima metà del XIX secolo. Anzi, il marchio impresso su di essi ha permesso anche di risalire alla casa produttrice ossia Veuve Clicquot Ponsardin. Proprio gli archivi della Veuve Clicquot hanno aiutato a stabilire anche quale poteva essere il percorso, tragicamente interrotto, a cui erano destinate le bottiglie. Ma andiamo con ordine.

Un dolcissimo carico

La “degustazione” degli esperti ha evidenziato che lo champagne ha ancora un sapore molto buono, anche se non del tutto simile a quello a cui siamo abituati noi. In particolare, la bevanda era all’epoca estremamente dolce: circa 140 grammi di zucchero per litro (a prova di carie) contro lo standard moderno di 10 grammi per la stessa unità di misura.

Diretto in Germania

E pensate che c’era chi lo preferiva ancora più dolce! Agli esperti, infatti, era già noto che in Russia si beveva uno champagne con circa 300 grammi di zucchero per litro, il che ha anche consentito di stabilire che il carico non era destinato a questo mercato bensì a quello tedesco, nonostante la posizione nel mare avrebbe potuto far pensare che l’imbarcazione navigasse in direzione San Pietroburgo. Ma l’analisi sui campioni inviati ai laboratori ha aiutato a scoprire altri segreti nascosti dietro la produzione di questa bevanda che, all’epoca, era destinata ai pochi ricchissimi che potevano permettersela.

Sapori d'altri tempi

Al confronto con il moderno champagne, i campioni del Baltico mostrano concentrazioni molto alte di metalli come ferro e rame: queste, secondo gli esperti, potrebbero essere il risultato dell’utilizzo di maggiori proporzioni di succo di uva meno raffinato, ottenuto dalla seconda spremitura con la pressione dei grappoli. I campioni indicano inoltre minori tassi alcolici: 9,5% contro il circa 12% degli equivalenti attuali. La presenza di sostanze tanniche del legno indicherebbe una fermentazione avvenuta in barili di questo materiale. Un processo di fermentazione secondario (fermentazione malolattica), che porta l’acido melico a trasformarsi nell’acido lattico dal sapore più morbido, sarebbe andato avanti senza i frequenti controlli che i produttori sono soliti fare oggigiorno. Questo spiegherebbe come mai il vino presenta un sapore che ricorda vagamente la crema e lo yogurt, decisamente poco comune nei vini moderni. Gli esperti degustatori lo hanno descritto come “cheesy” ossia… Al formaggio!

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