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Cervello umano bolle nel teschio: dopo 4000 anni è in buono stato

Un insediamento in Turchia risalente all’Età del bronzo ha svelato agli studiosi resti umani in ottimo stato di conservazione. Questa volta non è il gelo, ma il caldo, ad aver contribuito alla preservazione degli organi.
A cura di Redazione Scienze
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Prototipo esposto all'esibizione del 2009 "Brain: a world inside your head".
Prototipo esposto all'esibizione del 2009 "Brain: a world inside your head".

Dopo 4000 anni, trovare delle ossa in buono stato di conservazione è già di per sé un evento raro. In questo caso ad aver resistito sorprendentemente all'aggressione del tempo è un cervello umano scoperto – insieme ad altri resti – a Kutahya, in Turchia. La scoperta risale al 2010 ma è solo a fine settembre 2013 che i ricercatori hanno pubblicato il loro studio, fornendo successivamente al New Scientist ulteriori dettagli. Sebbene il cervello, grazie alla ricchezza di enzimi dei suoi tessuti, sia un organo che si deteriora rapidamente dopo la morte, non è la prima volta che un encefalo si conservi in ottimo stato dopo tanti anni. E' accaduto, ad esempio, agli organi di un bambino inca sacrificato 500 anni fa. In quel caso, però, il sacrificio era avvenuto sulle Ande, e ad alta quota il congelamento del corpo ha preservato i tessuti.

In Turchia non è stato il freddo, ma il caldo, a "congelare" il processo di deterioramento. Meriç Altinoz della Haliç University di Istanbul, che con altri colleghi ha analizzato i resti di Kutahya, ha spiegato cosa è accaduto in quel piccolo insediamento risalente all'Età del bronzo. Un forte terremoto deve aver abbassato il livello dello stanziamento, seppellendo i suoi abitanti. Un successivo incendio in superficie ha cominciato ad essiccare gli organi. Il calore ha portato i cervelli dei primitivi ad espellere i liquidi che hanno cominciato a bollire all'interno della scatola cranica, contribuendo all'eliminazione dell'ossigeno, principale "responsabile" del deterioramento dei tessuti.

Ma a cosa serve un cervello dell'Età del bronzo? A spiegarlo è lo stesso Rühli, che sottolinea l'utilità di tessuti simili nella ricerca nella storia di condizioni patologiche come tumori e emorragie, o segni di malattia degenerativa: "se vogliamo imparare di più sulla storia di disturbi neurologici, abbiamo bisogno di avere tessuti come questo".

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