Cancro al seno, blocco di un enzima può arrestare la formazione di metastasi
Il blocco dell'attività di un singolo enzima può impedire la diffusione delle metastasi del cancro al seno, rendendolo di conseguenza meno e aggressivo e letale. La scoperta, al momento limitata a test sperimentali su modelli murini (topi), apre le porte a potenziali trattamenti innovativi per le forme diffuse di carcinoma mammario. A dimostrare il legame tra inattivazione dell'enzima e arresto della proliferazione metastatica è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati di vari dipartimenti dell'Università della California di San Francisco, Stati Uniti, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi del Dipartimento di Regolazione Biologica presso l'Istituto Weizmann per le Scienze di Rehovot, Israele.
Gli scienziati, coordinati dalle professoresse Zena Werb e Vicki Plaks del Dipartimento di Anatomia dell'ateneo statunitense, si sono concentrati su un enzima chiamato MMP9, già in passato coinvolto in studi sul cancro, benché non se ne conoscesse nel dettaglio il ruolo legato alle metastasi nella fase iniziale della malattia. Questo enzima crea una sorta di testa di ponte nel tessuto sano degli altri organi, adattandolo per ospitare le cellule malate provenienti dal tumore primario alla mammella. In altri termini, MMP9 aiuta le metastasi del carcinoma mammario a migrare in altri distretti del corpo e a dar vita ai tumori secondari.
Utilizzando uno specifico anticorpo e bloccando l'azione dell'enzima MMP9, gli scienziati guidati da Werb e Plaks hanno impedito alle cellule cancerose di colonizzare i polmoni, una delle sedi principali in cui attecchiscono le metastasi del cancro al seno. Il trattamento sperimentale non ha avuto alcun effetto sul tumore primario, ciò indica il ruolo cruciale giocato dall'enzima nel processo metastatico. Si sono concentrati su MMP9 dopo aver rilevato che i suoi livelli erano piuttosto elevati nei pazienti colpiti da carcinoma mammario con metastasi. Per studiare un modello quanto più simile possibile al carcinoma mammario umano, gli autori della ricerca hanno fatto esperimenti con topi geneticamente modificati affetti dalla variante “luminal B” della malattia, che ha una progressione molto simile a quella umana. Nei vari test condotti hanno messo in luce il ruolo cruciale di MMP9 nello sviluppo dei tumori secondari; inoltre si sono resi conto che bersagliando l'enzima con un anticorpo specifico si migliora anche l'azione delle cellule immunitarie, aprendo strade interessanti per l'immunoterapia. Benché incoraggianti, i risultati dovranno naturalmente essere confermati anche in studi clinici, cioè sull'uomo. I dettagli della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Life Science Alliance.