Campi Flegrei, il supervulcano sarebbe in procinto di risvegliarsi
Negli ultimi dieci anni i ricercatori dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) hanno iniziato a evidenziare un sollevamento del cosiddetto “supervulcano” dei Campi Flegrei, un'enorme caldera di circa dodici chilometri sita a ovest di Napoli e formatasi decine di migliaia di anni fa, frutto di una delle eruzioni più imponenti nella recente storia geologica della Terra. Questo fenomeno, che ha fatto spostare il livello di attenzione da verde (situazione tranquilla) a gialla (da monitorare), sembra stia giungendo a un punto critico, a causa della pressione dei gas che continua spingere e sollevare il terreno. Dopo circa cinquecento anni di inattività, sembra dunque che il mostro dormiente si stia risvegliando. A spiegarlo sono i ricercatori dell'INGV di Roma sulla rivista scientifica Nature Communications.
Il team di studiosi, coordinati dal vulcanologo Giovanni Chiodini, ha indicato che una situazione analoga è stata osservata in due vulcani attivi, prima della loro eruzione: “il Rabaul in Papua Nuova Guinea e il Sierra Negra alle Isole Galapagos – ha sottolineato lo studioso italiano – hanno mostrato entrambi un'accelerazione nella deformazione del suolo prima dell'evento eruttivo, con un modello simile a quello che stiamo monitorando ai Campi Flegrei”. Sebbene il pericolo possa sembrare imminente, i ricercatori non sono di questo avviso, sottolineando che la vulcanologia non è una “scienza esatta”, e non si può prevedere cosa avverrà nel sito. Non si esclude, fra le altre ipotesi, anche la possibilità che il supervulcano torni in uno stato più tranquillo di quello attuale.
Campi Flegrei, che è composto da oltre venti crateri, la maggior parte dei quali nascosti sotto al Mar Mediterraneo, dalla sua formazione ha avuto solo due grandi eruzioni, la più recente delle quali circa dodicimila anni fa. I ricercatori spiegano che siti come questo possono scatenare effetti paragonabili alla caduta di un meteorite, e non a caso alcuni studi scientifici ritengono che la scomparsa dell'Uomo di Neanderthal sia collegata proprio all'eruzione di un supervulcano, responsabile di un lungo “inverno vulcanico” innescato dal materiale e dai gas sprigionati dal catastrofico evento eruttivo.
[Foto di NASA]