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Bimba di 9 anni affetta da cordoma curata con la protonterapia

La piccola è la prima italiana a sottoporsi al trattamento. Si tratta di una radioterapia basata sui fasci di protoni anziché dei fotoni: è più precisa e meno dannosa.
A cura di R. Z.
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Per la prima volta in Italia un paziente pediatrico viene curato con la protonterapia, una particolare radioterapia basata sui fasci di protoni e non più sui fotoni. Nel mondo sono soltanto 48 i centri abilitati a questo trattamento, considerato più preciso e meno dannoso. Nel nostro Paese i primi centri si trovano a Trento e Pavia. La paziente è una bimba di appena 9 anni, affetta da cordoma, una rara neoplasia che bersaglia la colonna vertebrale. L'innovativa soluzione terapeutica è stata resa possibile grazie alla collaborazione tra l’Ospedale pediatrico bambino Gesù di Roma e l’Azienda provinciale per i servizi sanitari (Apss) di Trento.

A Trento un mini acceleratore simile a quello del Cern. Stando a quanto spiegato dai medici che seguono la bimba, la proton therapy consiste nel colpire il tumore con particelle subatomiche (nel caso specifico protoni) prodotti da un acceleratore simile a quello installato presso il Cern di Ginevra. Gli studi, seppur iniziali e limitati nel numero, dimostrano l'efficacia di tale approccio esattamente al pari della classica radioterapia, ma con minori effetti tossici a lungo termine che, soprattutto nel caso dei bambini, possono portare allo sviluppo di altre patologie, anche gravi.

I protoni rilasciano energia direttamente sul tumore. “La tecnica, soprattutto nei bambini – evidenzia la dottoressa Angela Mastronuzzi, neuro-oncologa pediatra del Bambino Gesù – comporta meno effetti collaterali a lungo termine e risparmia i tessuti che non sono stati colpiti dalla neoplasia. I protoni, infatti, rilasciano energia direttamente nella sede del tumore. Negli Stati Uniti è usata già da molti anni per il trattamento dei pazienti pediatrici, soprattutto di quelli affetti da tumori del sistema nervoso centrale”.

Risultati incoraggianti ottenuti con gli adulti. “Il nostro istituto – ha concluso il dottor Maurizio Amichetti, direttore del Santa Chiara di Trento – ha iniziato la sua attività alla fine del 2014, trattando già un buon numero di pazienti adulti con sicurezza. Proprio questo, dopo un confronto che ci ha permesso di analizzare le numerose e complesse caratteristiche di un caso estremamente difficile da affrontare, ci ha spinto a sviluppare l'approccio proposto dai colleghi del Bambin Gesù”.

La protonterapia da sola non può essere risolutiva. Al momento, comunque sia, nel 70% dei casi i bambini con tumori del sistema nervoso possono sperare in un recupero completo: ma ciò è possibile grazie ad un approccio multidisciplinare, che può prevedere l’uso di chirurgia, chemioterapia e radioterapia. La piccola paziente, prima di poter essere sottoposta a protonterapia, ha effettuato un complesso percorso diagnostico e clinico, culminato con l'asportazione chirurgica di una porzione del tumore che aveva alla base del cranio. La piccola dovrà sottoporsi complessivamente a 41 sessioni di trattamento, dal lunedì al venerdì, per un totale di circa 2 mesi di terapia.

Altri bambini pronti a sottoporsi alle cure. La piccola è soltanto la prima di un gruppo di bimbi che verranno curati con la protonterapia. Sebbene in ritardo di qualche mese altri bambini bisognosi di cure oncologiche sono arrivati a Trento e si trovano in un appartamento protetto messo loro a disposizione dalla Lilt, la Lega italiana lotta per i tumori.

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