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Bassi livelli di Omega-3 associati al rischio di morte prematura come il vizio del fumo

Avere un basso indice di Omega-3, ovvero pari o inferiore al 4 percento, è un fattore di rischio di morte prematura come il vizio del fumo. Lo ha dimostrato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati americani The Fatty Acid Research Institute di Sioux Falls, dopo aver analizzando a fondo i dati di uno dei più importanti studi dedicati alle malattie cardiovascolari.
A cura di Andrea Centini
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Il vizio del fumo è considerato uno dei fattori di rischio più significativi per la morte prematura, come evidenziato da molteplici studi. Non a caso esso è associato alle malattie cardiovascolari e al cancro, che rappresentano le principali cause di morte a livello globale e in particolar modo nei Paesi ricchi. Ora una nuova ricerca ha dimostrato che basse concentrazioni di Omega-3 nei globuli rossi sono predittive di mortalità prematura esattamente quanto la dipendenza da tabacco/nicotina. In altri termini, chi ha scarsi livelli di questi preziosi acidi grassi presenta lo stesso rischio di un fumatore.

A dimostrare che basse concentrazioni di Omega-3 sono predittive di morte prematura quanto il fumo è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati del The Fatty Acid Research Institute di Sioux Falls (Stati Uniti), del Dipartimento di Salute Umana e Scienze della Nutrizione dell'Università di Guelph (Canada) e della Friedman School of Nutrition Science and Policy dell'Università Tufts di Boston, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi del Dipartimento di Statistica dell'Università di Dordt, delle Scuole di Medicina ed Epidemiologia dell'Università di Boston e dell'Università del Sud Dakota. Gli scienziati, coordinati dal professor Michael I. McBurney, sono giunti alle loro conclusioni analizzando i dati del Framingham Heart Study, tra le indagini scientifiche più longeve in assoluto, che ha permesso di fare scoperte molto significative sulle malattie cardiovascolari.

Sono noti diversi fattori di rischio associati alle patologie cardiovascolari, come appunto il vizio del fumo, l'abuso di alcol, l'obesità, l'inattività fisica, la cattiva alimentazione e molti altri ancora. Il rischio di svilupparle può essere ridotto modificando il proprio stile di vita. Alcuni biomarcatori possono indicare la salubrità del nostro stile di vita e le condizioni di salute, rappresentando un punto di riferimento per approntare terapie. Tra essi ci sono gli acidi grassi, che giocano un ruolo fondamentale nel nostro metabolismo e come fonte energetica. Gli Omega-3, presenti nelle membrane cellulari e associati da tempo a un ridotto rischio di morte per eventi cardiovascolari, sono tra i principali acidi grassi utilizzati dal nostro organismo. Analizzando i dati di 2.500 partecipanti allo studio Framingham, il professor McBurney e i colleghi hanno dimostrato che le persone con concentrazioni più elevate di acidi grassi Omega-3, EPA e DHA (indice Omega-3) avevano un rischio ridotto del 33 percento di perdere la vita (prematuramente) durante il periodo di follow-up dello studio (7,3 anni) rispetto a coloro che avevano i livelli più bassi. Un indice Omega-3 ottimale è considerato superiore all'8 percento, intermedio tra il 4 e l'8 percento e basso uguale o inferiore al 4 percento. Per i calcoli sono stati tenuti in considerazione gli otto fattori di rischio standard per le malattie cardiovascolari (età, sesso, colesterolo totale, colesterolo HDL, trattamento dell'ipertensione, pressione arteriosa sistolica, vizio del fumo e diabete prevalente).

“È interessante notare che in Giappone, dove l'indice medio di Omega-3 è maggiore dell'8 percento, la durata prevista della vita è di circa cinque anni più lunga rispetto agli Stati Uniti, dove l'indice medio di Omega-3 è di circa il 5 percento”, ha dichiarato in un comunicato stampa il professor McBurney. “Quindi, in pratica, le scelte dietetiche che modificano l'indice Omega-3 possono prolungare la vita”, ha aggiunto lo studioso. “Nel modello combinato finale – conclude l'esperto – il fumo e l'indice Omega-3 sembrano essere i fattori di rischio più facilmente modificabili. Si prevede che essere un fumatore (all'età di 65 anni) sottrae più di quattro anni di vita (rispetto al non fumare), un accorciamento della vita equivalente ad avere un basso indice di Omega-3 rispetto ad averlo alto”. Alla luce di questi risultati, gli scienziati ritengono di considerare un basso indice di Omega-3 al pari di altri fattori rischio associati alla morte prematura. I dettagli della ricerca “Using an erythrocyte fatty acid fingerprint to predict risk of all-cause mortality: the Framingham Offspring Cohort” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica specializzata.

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