Astrofisica ‘derubata’ del Nobel vince super premio dopo 50 anni: Jocelyn scoprì le pulsar

L'astrofisica britannica Jocelyn Bell Burnell ha vinto un premio di 3 milioni di dollari per la sua epocale scoperta fatta nel lontano 1967, cioè l'identificazione della prima pulsar della storia, una stella di neutroni. La scoprì grazie a un radiotelescopio realizzato assieme al suo supervisore all'Università di Cambridge, il professor Antony Hewish, il quale tuttavia non partecipò all'individuazione del misterioso oggetto celeste. Incredibilmente, il comitato scientifico del Nobel nel 1974 decise di premiare proprio Hewish per questa scoperta, oltre a un altro astronomo (Martin Ryle) per un'altra ricerca, lasciando a bocca asciutta la scienziata di Belfast, all'epoca studentessa post-laurea presso il prestigioso ateneo britannico. La controversa decisione del comitato sollevò asprissime polemiche, ma non ci fu alcun passo indietro.
Oggi, a più di 40 anni da quell'ingiustizia, per la stessa scoperta Jocelyn Bell Burnell è stata premiata col prestigioso Breakthrough Prize, i cosiddetti “Oscar della Scienza”. Si tratta del più ricco premio internazionale per le scoperte scientifiche, finanziato da alcuni dei ‘paperoni' filantropi del pianeta. Fra essi Sergey Brin, Mark Zuckerberg e sua moglie Priscilla Chan, Ma Huateng, Yuri e Julia Milner. L'assegnazione del premio alla Burnell è stato motivato dal presidente Edward Witten del Comitato di selezione “Premio Innovazione” con queste parole: “La scoperta di Jocelyn Bell Burnell delle pulsar resterà per sempre una delle più grandi sorprese della storia dell'astronomia”. “Fino a quel momento – ha aggiunto Witten – nessuno aveva una vera idea di come le stelle di neutroni potessero essere osservate, se davvero esistessero”. La loro identificazione ha permesso di scoprire stati della materia che fino ad allora erano solo ipotizzati, come appunto quelli delle stelle di neutroni.
La Burnell, che da quest'anno è diventata rettrice dell'Università di Dundee, in un'intervista alla BBC ha dichiarato di non voler tenere il ricco premio per sé, dato che “non vuole soldi e non ne ha bisogno”, ma utilizzerà il cospicuo assegno per creare borse di studio per donne e minoranze etniche che intendono seguire un percorso scientifico.