Amelia Earhart, la donna che sfidò il cielo
Sarà perché fu valorosa, forte e brava, al tempo stessa bellissima ed affascinante: Amelia Earhart fu un personaggio mitico già per i suoi contemporanei, nel corso della sua breve vita. E, proprio in virtù di questo, da mito divenne leggenda a causa della sua misteriosa sparizione, a tutt'oggi uno dei più grandi misteri della storia americana su cui, senza mai stancarsi, indagano storici e ricercatori: quella donna coraggiosa ed implacabile, a settantacinque anni di distanza dal giorno in cui se ne persero le tracce, continua ad essere una stella di prima grandezza, su cui si affannano da anni documentaristi e scrittori, alla ricerca di una testimonianza che possa svelare il segreto dei suoi ultimi giorni. Nata nel Kansas, infermiera in un ospedale militare, all'età di 23 anni sale per la prima volta su un biplano per un giro turistico: immediatamente scopre una passione incredibile che la accompagnerà per gli anni a venire. Era il 1920. Seguono anni di imprese leggendarie: nel 1927 è la prima donna ad attraversare l'Oceano Atlantico, assieme ad altri due uomini, record che supererà compiendo nel 1932 la medesima trasvolata ma in solitaria, impresa riuscita prima di allora solo a Lindbergh. Nel 1931 aveva stabilito il record mondiale di altitudine e nel 1932 fu la prima donna a volare sugli Stati Uniti senza scalo: eroina perfetta che incarnava tutti i più sommi valori della virtù e del coraggio, destinata, però ad una sorte infelice.
L'ultimo viaggio dell'esploratrice – Risale alla mattina del 2 luglio del 1937 l'ultimo contatto che il mondo ha avuto con la pionieristica aviatrice statunitense; era pronta per essere la prima donna ad aver effettuato l'intero giro del mondo in aeroplano, con una trasvolata di 29 000 miglia, già quasi del tutto compiuta. Partita da Oackland il 20 maggio, annuncia la sua partenza ufficiale a Miami prevista per il 1° di giugno, seguendo le rotte verso oriente; assieme al navigatore Frederick Noonan percorse le 22 000 miglia che la portarono dal continente americano a fare diversi scali in Sud America, Africa, India, Sud-Est Asiatico ed Australia, prima di giungere a Lae, in Nuova Guinea, ultima tappa prima delle ultime 7 000 miglia. I serbatoi sono pieni e l'aereo è stato alleggerito da qualunque tipo di peso superfluo quando all'alba del 2 luglio Amelia Earhart cerca disperatamente un contatto radio: il carburante stava per finire, mentre l'aereo girava invano nel tentativo di rintracciare l'isola che non riusciva a vedere, Howland, 3000 miglia a sud est di Honolulu, non troppo lontano dal braccio di oceano in cui si trovano le isole della repubblica di Kiribati. Ad Howland, l'apparecchio era atteso dalla nave Itasca della Guardia Costiera statunitense: poiché l'isolotto era troppo piccolo, ci si era accordati in precedenza per fornire indicazioni sulla rotta al pilota in volo. Ma la comunicazione via radio, per una serie di circostanze mai del tutto chiarite che vanno dall'ipotesi del guasto alla difficoltà di utilizzare nuovi strumenti tecnologici, fallì, così come non andò a buon fine il tentativo di ricorrere al codice Morse: disperatamente, la Guardia Costiera cercò di inviare dei segnali con un pennacchio di fumo ma, probabilmente a causa delle condizioni meteorologiche, nulla fu visto dai due piloti. L'aereo scomparve nel nulla.
Tra leggenda e spionaggio – Quattro milioni di dollari, 10 navi, 66 aerei ed un personale di oltre 3000 persone: il Presidente Franklin Delano Roosevelt mise a disposizione tutti i mezzi possibili per ritrovare l'eroina nazionale americana ma, dopo due settimane di perlustrazione su una superficie di oltre 250 000 miglia, le ricerche vennero sospese e, pochi mesi dopo, Amelia Earhart veniva dichiarata ufficialmente deceduta. Ma, come spesso accade quando non ci si rassegna a veder morire i propri miti, un fiorire di leggende ha accompagnato negli anni successivi la figura dell'aviatrice: secondo alcune ipotesi, raccolte in un documentario del 2008 del National Geographic, i due piloti sarebbero sopravvissuti all'incidente aereo finendo però prigionieri dei giapponesi, morendo poco dopo per una dissenteria o uccisi perché ritenuti delle spie. Una seconda bizzarra teoria, voleva Amelia Earhart rientrata diversi anni dopo negli Stati Uniti prendendo l'identità di Irene Bolam, casalinga del New Jersey che ha sempre irremovibilmente smentito. Naturalmente, esistono anche racconti che vogliono la stessa Amelia Earhart come una spia al servizio dei servizi segreti americani, in missione segreta nei cieli, simulando infine un'avaria per consentire ai suoi connazionali di compiere segrete manovre aeree.
Nuove ricerche, sulle tracce di Amelia Earhart – Le ipotesi più attendibili, in realtà, oscillano tra il totale inabissamento e un ammaraggio che, però, poiché l'aereo era stato spogliato di tutte le attrezzature ritenute superflue, incluse quelle di salvataggio, servì solo a rallentare di qualche ora l'arrivo della morte per i due piloti; il tutto sarebbe accaduto ad una distanza stimata tra le 35 e le 100 miglia a nord est dall'isolotto di Howland. Ma alcuni ritrovamenti effettuati sul piccolo atollo disabitato di Nikumaroro, Oceano Pacifico, nella Repubblica di Kiribati, hanno riaperto alla possibilità di seguire le ultime tracce dell'aviatrice dalle imprese epiche: frammenti ossei, resti di bottiglie in vetro e di barattoli di cosmetici, ma anche attrezzi rudimentali utilizzati probabilmente per aprire gusci di frutti di mare o uccidere piccoli pesci o tartarughe, rinvenuti dopo una serie di spedizioni svoltesi a partire dal 1989 dal TIGHAR. Lì, il gruppo internazionale che si occupa della storia dell'aviazione, tornerà nel luglio di quest'anno per confermare quella che, da tempo, è una delle strade maggiormente seguite nel ricostruire gli estremi pezzi di vita di Amelia Earhart: che l'eroina americana sia sopravvissuta al suo ultimo volo giungendo sull'isolotto, dove sarebbe morta tempo dopo. Verità o leggenda, ipotesi da valutare con attenzione: nel 1940, infatti, quando il governo britannico inviò un contingente di uomini a fare una ricognizione a Nikumaroro (che ufficialmente apparteneva all'Impero), vennero ritrovati il corpo di una donna in stato di decomposizione ed alcuni utensili come la scatola e la lente di un sestante e nonché la suola di una scarpa, il cui numero si è rivelato compatibile con quello del piede della pilota. A proposito dei resti umani, purtroppo al momento troppo inconsistenti per permettere esami approfonditi, si è verificato nel 1998 che dovrebbero effettivamente appartenere ad un individuo di sesso femminile di stirpe nordeuropea. Il solo tassello che manca è l'aereo, ecco perché, quest'estate, il TIGHAR partirà con mezzi sottomarini e sonar alla ricerca dell'ultima risposta: il gruppo sostiene, infatti, di essere in possesso della chiave definitiva del mistero. Una foto, scattata nel 1937 da un soldato britannico lungo la costa di Nikumaroro, che mostrerebbe i pezzi del carrello del Lockheed Electra, il leggendario velivolo con cui Amelia Earhart compì le sue imprese eroiche nei cieli, prima di sparire nel nulla lasciando dietro di sé l'interrogativo di un giallo mai completamente risolto.