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Allarme furti d’acqua, quasi la metà viene rubata

Lo rivela un rapporto pubblicato su Nature Sustainability che ha descritto le dimensioni di un fenomeno poco conosciuto e riconducibile in gran parte all’uso agricolo. Analizzati i casi della coltivazione della marijuana in California, delle fragole in Spagna e del cotone in Australia.
A cura di Valeria Aiello
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Non si tratta di un problema nuovo ma la crescente domanda di acqua, aggravata dai cambiamenti climatici e un’offerta spesso incerta o limitata, sta determinando un importante aumento dei furti d’acqua. Ad affrontare il tema della crisi idrica è un nuovo studio pubblicato sulla rivista Nature Sustainability che ha messo in evidenza le dimensioni di un fenomeno poco conosciuto, le cui cifre sono però preoccupanti.

I ricercatori del Center for Global Food anche Resources dell’Università di Adelaide, in Australia, hanno calcolato che dal 30 al 50% dell’acqua proveniente dalle fonti di approvvigionamento viene sottratta illecitamente, il che significa che quasi la metà dell’acqua dolce fruibile all’uso e consumo umano viene rubata. Le principali perpetratrici sono le aziende agricole, che rappresentano il circa il 70% dell’uso globale. “Lo studio – dicono i ricercatori – fornisce un quadro concettuale e un approccio di modellazione progettato per migliorare la comprensione delle barriere individuali e istituzionali al furto di acqua, esplorando il modo in cui è possibile valutare l’efficacia dell’individuazione dei responsabili, del procedimento penale, della condanna e delle sanzioni”.

Nell’analisi, il team ha esaminato tre diversi casi riguardanti usi impropri dell’acqua: la coltivazione di marijuana in California, quella delle fragole in Spagna e del cotone in Australia. Sebbene i tre casi si differenzino uno dall’altro, i ricercatori hanno evidenziato alcuni aspetti comuni: tutte e tre le attività richiedono grandi quantità d’acqua e rivelano gli effetti delle richieste di mercato sui furti d’acqua. La sottrazione illecita si traduce in un’operazione molto redditizia, il più delle volte sicuramente più redditizia rispetto alle normative ambientali (nel caso dell’azienda spagnola, i regolamenti in vigore per proteggere un sito di uccelli migratori). Tra i fattori chiave che portano al furto, oltre all’incertezza di approvvigionamento causata sia dalle azioni dell’uomo sia dalle variazioni naturali delle precipitazioni, anche la mancanza di controlli. “Se non c’è la possibilità di essere scoperti, le persone ruberanno l’acqua anche quando non ne hanno bisogno”.

D'altra parte, un monitoraggio efficace aiuterebbe a ridurre i furti e in tal senso, sottolineano i ricercatori, uno dei cambiamenti più importanti è rappresentato dal garantire che le sanzioni siano significative e adeguatamente applicate, soprattutto nelle zone remote e rurali del pianeta. Denunciare pubblicamente il furto, potrebbe essere un deterrente efficace in alcune situazioni, in particolare in quelle in cui il furto è meno conveniente e meno accettato dalla comunità. “Quanto osservato nei tre casi – concludono i ricercatori –  supporta chiaramente l’importanza del monitoraggio della conformità e dell’applicazione con risorse adeguate (finanziarie e umane), specialmente nelle regioni dove l’approvvigionamento è reso più complesso, come importante fattore di riduzione degli illeciti, aumentando la possibilità di risalire e perseguire i responsabili”.

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