Alcuni potrebbero essere “immuni” al coronavirus senza esservi mai stati esposti
Una sorta di immunità al nuovo coronavirus emerso in Cina (SARS-CoV-2) potrebbe essere presente in una parte della popolazione esposta a coronavirus di altro tipo, forse addirittura a quelli che provocano il comune raffreddore. In pratica, ci sarebbero persone protette dal coronavirus responsabile della COVID-19 (parzialmente o magari totalmente) senza mai esservi state esposte. Col termine coronavirus, del resto, non ci si riferisce a un singolo patogeno, ma a una sottofamiglia di virus chiamata Orthocoronavirinae; sono dunque numerosi, e quelli che ne fanno parte prendono questo nome a causa della caratteristica forma a “corona” quando osservati al microscopio elettronico.
A determinare la potenziale “immunità pregressa” al SARS-CoV-2 è stato un team di ricerca americano guidato da scienziati del La Jolla Institute for Immunology (LJI) e dell'Università della California, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi del Dipartimento di Microbiologia presso la Icahn School of Medicine at Mount Sinai di New York e del Dipartimento di Immunologia e Microbiologia dell'Università della Carolina del Nord. Gli scienziati, coordinati dal professor Alessandro Sette, docente presso il Dipartimento di Medicina dell'ateneo californiano, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver analizzato il sangue di 40 persone: 20 contagiate dal nuovo coronavirus e altre 20 il cui sangue fu prelevato tra il 2015 e il 2018, dunque non esposte al patogeno. Il SARS-CoV-2, infatti, secondo uno studio italiano condotto da ricercatori dell'Università Campus BioMedico di Roma ha compiuto il salto di specie (spillover) nella seconda metà di novembre 2019, probabilmente nel mercato del pesce di Wuhan.
Analizzando il sangue dei venti pazienti infettati dal coronavirus, gli scienziati hanno rilevato una significativa risposta del sistema immunitario. Nel 100 percento dei casi sono state infatti trovate cellule T CD4, quelle che supportano le cellule B a produrre anticorpi contro il patogeno (rilevati anch'essi); mentre nel 70 percento dei casi sono state identificate altre cellule immunitarie chiamate T CD8, che attaccano e distruggono le cellule infettate dal virus. Sono segnali che mostrano una risposta robusta del nostro sistema immunitario contro il coronavirus, con tutto ciò che ne consegue in termini di potenziali vaccini, immunogenicità, trattamenti con plasma dei guariti o anticorpi/immunoglobuline monoclonali.
Il risultato più interessante dello studio, tuttavia, è stato ottenuto osservando il sangue delle persone che non sono mai state esposte al coronavirus. Attraverso appositi esperimenti, Sette e colleghi hanno identificato una risposta immune legata alle cellule T contro il coronavirus SARS-CoV-2 in 11 campioni su 20. Com'è possibile se le persone cui è stato prelevato il sangue non sono mai entrate in contatto col virus? Come spiegano gli scienziati, compreso il professor Enrico Bucci, un esperto di Biochimica e Biologia Molecolare che insegna alla prestigiosa Temple University di Philadelphia, questi pazienti potrebbero essere stati esposti ad altri coronavirus che determinano una sorta di reattività crociata, cioè producono una immunità che potrebbe funzionare (almeno in parte) anche col SARS-CoV-2. Questo a causa della vicinanza genetica dei patogeni coinvolti. In caso di esposizione al nuovo virus, in parole semplici, le persone con questa immunità pregressa potrebbero non ammalarsi, o magari manifestare sintomi molto lievi. Come è noto la COVID-19 può determinare sintomi lievissimi, essere asintomatica o far sviluppare infezioni talmente gravi da essere anche fatali. I principali indiziati per questa possibile "protezione" sono i coronavirus del raffreddore, dato che sono stati rilevati anticorpi legati a due di essi nel sangue analizzato.
Secondo quanto indicato da Bucci in un post su Facebook, lo studio ha comunque un limite da non sottovalutare, ovvero il fatto che è stato condotto su un campione troppo piccolo, e saranno dunque necessarie ricerche più approfondite per conferme. Da notare anche che la presenza di reattività crociata tra coronavirus potrebbe comportare qualche problema di sensibilità ai cosiddetti test sierologici, in grado di rilevare la potenziale immunità di una persona al SARS-CoV-2. I dettagli della ricerca “Targets of T cell responses to SARS-CoV-2 coronavirus in humans with COVID-19 disease and unexposed individuals” sono stati pubblicati sull'autorevole rivista scientifica Cell.