Alabama Rot, la malattia che sta uccidendo i cani del Regno Unito
Si chiama “malattia glomerulare reale e cutanea idiopatica”, ma è più comunemente conosciuta come CRGV o Alabama Rot, ed è lo stato patologico che sta uccidendo molti cani nel Regno Unito, stiamo parlando di circa 50 vittime dal 2013 ad oggi. Ancora non si sa cosa provochi l'insorgere di questa malattia, che quindi non ha un vaccino, né una cura vera e propria, e per questo gli esperti suggeriscono ai proprietari britannici di controllare costantemente lo stato di salute di Fido: solo un intervento immediato può infatti permettere al cane di avere maggiori speranze di guarire.
Scoperto negli anni '80, il morbo è stato ribattezzato Alabama Rot poiché diffuso proprio nello Stato americano e caratterizzato dall'insorgere di lesioni cutanee profonde sul muso, sull'addome e sulle zampe dei soggetti colpiti, il termine inglese “rot” si traduce con “decomposizione” e si pensa che la responsabile di questa dolorosa malattia sia una tossina prodotta dal batterio Escherichia coli, che vive nell'intestino degli animali a sangue caldo.
Le ulcere non sono però l'unico sintomo della CRGV, i cani colpiti, nel 25% dei casi, soffrono di insufficienza renale, ma anche di vomito, inappetenza, stanchezza e depressione. Un decorso doloroso, ma anche rapido visto che porta alla morte del cane in pochi giorni, nel caso in cui l'intervento del veterinario non sia tempestivo o le condizioni fisiche del cane non siano ottimali, per questo i soggetti più giovani e in salute hanno più probabilità di uscirne. Quanto alla cura, i veterinari per ora possono limitarsi a trattare le piaghe e curare l'insufficienza renale.
Se negli Stati Uniti ha colpito principalmente i greyhound, al punto che si pensava fosse una malattia di questo tipo di levrieri, nel Regno Unito non sta facendo distinzioni di razza, né di sesso, peso o età. L'unico elemento che accomuna i soggetti malati è la presenza di un corso d'acqua nelle passeggiate quotidiane dei cani, per questo gli esperti suppongono che il batterio possa essersi diffuso proprio in acqua, anche se attualmente non ci sono prove.